Cinque miliardi per la Calabria?


 Ci sono cinque miliardi per la Calabria: così dichiara la Regione; e aggiunge che bisogna saperli spendere. Io inizio con questo ammonimento: bisogna spenderli, mentre finora sono sempre tornati indietro.

 Spenderli non vuol dire, alla calabrese, “impegnarli”, vuol dire usare quel denaro in contanti, effettivamente e subito.

 Ce ne sono, di problemi da affrontare con cinque miliardi! Volete che vi parli della Trasversale, o della 106? O di agricoltura, e turismo, artigianato, commercio, eccetera?

 E invece, per evitare che qualcuno mi tacci di tuttologo, vi parlerò di quel che è di mia competenza: la cultura. Attenti, di solito, in Calabria, per cultura s’intende un tizio depresso e aggobbito, che legge libri angosciosi, e ripete ogni tanto frasi come “sfasciume pendulo” e roba simile. Non è così, ragazzi: la cultura, dove c’è stata davvero, è sempre stata parte integrante del contesto sociale, economico e politico.

 Quando Eschilo componeva una tragedia, si recava dall’arconte, si iscriveva al concorso; se ammesso, l’arconte imponeva a un cittadino ricco la liturgia (tassa) per l’allestimento dello spettacolo, evidentemente costoso. Senza Giulio II, Michelangelo avrebbe disegnato la Sistina sopra un foglio di seconda mano. Senza i grandi teatri, Verdi avrebbe suonato alle feste di paese. Tutto questo, e quant’altro, costò denaro; ma produsse evidenti benefici, e non solo spirituali, ma anche finanziari, ovvero grande giro di soldi.

 Nella quattro volte millenaria storia della Calabria, contiamo tantissime persone di cultura, ma nessuna organizzazione della cultura; ogni filosofo e poeta e scienziato visse per conto suo, senza parlarsi con il  vicino; anzi senza parlare con nessuno; e spesso uscendo di senno per solitudine.

 Ecco come spendere una parte di quei cinque miliardi: organizzando la cultura. Vediamo come:

  • Moratoria settennale dei piagnistei retribuiti e antimafia segue cena. La Calabria ha bisogno di un’immagine sana e forte e bella.
  • Interventi per la valorizzazione… magari! per la conoscenza dei luoghi storici e artistici calabresi, quasi sempre ignoti agli indigeni.
  • Sostegno concreto (€€€€€€€€) a cinema, teatro, musica e manifestazioni varie.. quelli veri, con esclusione di amici e
  • Applicazione effettiva di quel 15% di programma scolastico che da molti decenni è previsto abbia valenza regionale, e nessun professore calabrese si sognò mai di mettere in atto, anche, soprattutto per palese sconoscenza, e carenza di libri di testo.
  • Svegliare le università dal loro sonno di Endimione (dormì cinquant’anni: vi dice qualcosa, tale numero?).

 Ovvio che, per fare cultura, è come se mi si rompe la macchina: vado dal meccanico, non dal cardiologo o dall’architetto. Bisogna rivolgersi a chi è persona di cultura.

 Come si fa a sapere se uno è persona di cultura? Presto detto: fuori il curriculum; bandiamo un concorso per titoli. Sai le risate, e quanti se ne restano a casa!

Ulderico Nisticò