Colpo di teatro a San Sostene


12140705_824002797716502_8353587640000331748_nA volte, le improvvisate… La Proloco di San Sostene, presidente Barbara Gualtieri, voleva fare qualcosa per celebrare la Madonna del Rosario, cui s’intitola la chiesa di Marina; i soci, e gli amici di San Sostene, non si tirano indietro di fronte ad ogni bella avventura spirituale e culturale; il parroco don Salvatore Bilotta ha accettato di buon grado; Ulderico Nisticò ha scritto il testo; due o tre prove com’è stato possibile: e il 3 ottobre siamo andati in scena, rispettosamente usando la chiesa come palcoscenico. Ecco gli attori. Voce narrante: Fiammetta Nesci; Lattanzio Arturo da Cropani, francescano osservante: Francesco Corapi; Ludovico Caraffa, cavaliere di Malta: Luigi Aloisio; Gaspare Toraldo, barone di Badolato: Giuseppe Nocera; il Corsale di Castelvetere: Giuseppe Lentini; don Giovanni d’Austria, UN; la madre: Pina Gualtieri; il messo: Mattia Pittelli;
Il coro di Lina Procopio, con Francesca Froiio, Vittorio Papaleo, Anna Maria Pileci, Mattia Pittelli, Floriana Procopio, Maria Grazia Procopio, Maria Liberata Procopio, Concetta Sestito.
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“La vittoria del Rosario” narra gli antefatti della battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. Papa Ghisleri, san Pio V (1566-72), di nobile famiglia decaduta e dopo una giovinezza di lavoro come pastore, si fece domenicano; dotto e umile, continuò a vestire l’abito del suo Ordine anche da papa: e da allora il bianco è il colore pontificio. La Chiesa era stretta tra il dilagare del protestantesimo e la minaccia dei Turchi; di saldamente cattolico rimanevano quasi solo la Spagna e i molti Stati italiani, tutt’altro che concordi tra loro. L’intenzione di difendersi dal nemico orientale parve al papa il solo modo per tenere uniti i cattolici; con grande abilità e autorevolezza, formò una Lega, che schierò una flotta di oltre duecento navi, centoventi veneziane, ottanta spagnole e altre di Chiesa, cavalieri di Malta, cavalieri di S. Stefano, Genova… Parte della navi spagnole erano napoletane; e salirono sui vascelli molti calabresi: soldati di Tropea e di Badolato, fanti tra le truppe di Prospero Colonna e sulle galee siciliane di Ramirez.
Armarono loro navi Francoperta, Geria, Ferrante, de Cicco, Bosurgi, Galimi da Reggio; Carnevale da Stilo; Cavallo, Ventura da Amantea; Commercio da Francica; Coco, Comperatore, Falletti da Terranova; Manuardi da Rogliano; Parisio da Cosenza; Grandopoli da Corigliano; Merenda da Paterno; Marullo conte di Condojanni; il Corsale di Castelvetere, terrore dei Turchi; tre navi di Tropea; due di Reggio; due dei Passacalò di Seminara; una dei Marini con Milio da Melicuccà; Cecco Pisano; Cavallo di Amantea.
Fazzari, Sudano, Barone, Carrozza, Portogallo, Frezza, Galluppi, di Francia, Brisbal conte di Briatico cadranno in battaglia.
Gli uomini di Badolato e dei centri vicini erano sotto il comando del barone Gaspare Toraldo, che qualche anno dopo batterà nuovamente i Turchi a Monasterace: con licenza poetica, nel dramma s’immagina che ciò sia già avvenuto prima di Lepanto. Il Corsale di Castelvetere (oggi Caulonia) era un fiero pirata nemico degli Ottomani.
Come tutte le coalizioni, anche la Lega era fragile; il papa assegnò il comando a un giovanissimo ma già esperto principe, don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V, che impose una durissima indispensabile disciplina.
Insidia sottile era la politica di re Filippo II (1555-98), che avrebbe preferito portare la flotta contro i Barbareschi di Algeri; la diplomazia della Chiesa, con l’intervento del cardinale Guglielmo Sirleto di Stilo, giunse a minacciare il re di sostituirlo con il fratello Giovanni. Strumento di questa pressione fu l’oratoria di padre Lattanzio Arturo da Cropani, che il 10 settembre 1571 pronunziò a Messina, di fronte allo Stato Maggiore della flotta, una veemente orazione ricca di precise e pungenti allusioni politiche; come ne pronunzierà una, in verità più retorica e inconsistente, al ritorno vittorioso delle navi.
La flotta mosse verso Oriente, secondo la volontà del papa, e a Naupatto o Lepanto annientò le navi nemiche, dimostrando la superiorità tecnica delle navi europee su quelle turche, e la maggiore perizia dei marinai cristiani sui giannizzeri, truppe di fanteria non avvezze al mare. L’effetto politico fu di altissimo valore: i Turchi poterono effettuare ancora saccheggi, ma rinunciarono a ogni idea di conquista.
Il papa, che aveva proclamato la Madonna Auxilium Christianorum, le assegnò il titolo di Madonna della Vittoria, donde il nome personale molto diffuso tra noi.
Volle poi riservarLe un titolo più religioso, e preferì il titolo del Rosario, caro ai Domenicani. Da allora, le chiese e le confraternite del Rosario.
Chi volesse sapere di più, ci sono le ben note pubblicazioni di Gustavo Valente; e Cropani a Lepanto. La predica della Nave Cristiana e la Predica della Vittoria Navale di fra Lattanzio Arturo da Cropani, a cura di Ulderico Nisticò e Paola Bianco, Catanzaro, L’alternativa, Catanzaro, 2006.
Chi vuol leggere il lavoro teatrale, il testo, è qui allegato.
Il teatro è provare i sentimenti degli altri, e mettere menti e cuori in conflitto. Vedete voi se ci siamo riusciti.

Ulderico Nisticò


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