Se qualcuno avrà la compiacenza di chiedermene, io metterò a disposizione di Soverato le mie idee; e che io ne abbia avute, servirebbe un elenco di sei o sette articoli. Evviva il Carnevale, evviva la Notte, dunque…
Però lasciatevelo dire, amici commercianti di Soverato, che Befana, Babbo, Notte, Carnevale eccetera, sono tutte belle cose, ma è come se ci preoccupassimo della cornice senza badare al quadro. E il quadro del commercio di Soverato è tutt’altro che bello: e basta una passeggiata non distratta, per leggere i cartelli VENDESI e AFFITTASI dove prima c’erano negozi. E nessuno affitta e nessuno compra, il che dimostra che a Soverato il commercio non è considerato un affare da investirci denaro e lavoro.
Qui serve un poco di storia. Tutti i vecchietti della mia età sanno che, fino agli anni 1980, Soverato non è che era il migliore paese commerciale, fu allora, sulla costa, l’UNICO paese commerciale da Crotone a Siderno. L’attuale Marina di Davoli era ufficialmente “case sparse” e agrumeti; nelle Marine degli altri paesi campava a stento un negozietto generico; Botricello stava nascendo; su Catanzaro Lido di allora, omissis… Negli anni 1980, cioè mezzo secolo fa, per forza venivano tutti a Soverato. Oggi Botricello e Davoli e Montepaone hanno più negozi che abitanti. E non scordiamo i centri commerciali a poca distanza.
A Soverato, non solo il numero degli esercizi diminuisce (secondo me, è un fatto positivo!), ma, molto peggio, è discutibile la qualità della merce, e ancora più dubbi sono i prezzi… in attesa dei saldi.
E il turismo della Perla dello Ionio? I turisti (in realtà, sono solo bagnanti d’occasione fugace!) non credo comprino qualcosa. Se avete prove del contrario, fuori i numeri.
Analisi cruda, vero? Ebbene, il medico pietoso fa incancrenire la piaga. Se i negozi chiudono, vuol dire che la gente non compra; e se non compra, le cause sono due: una, di carattere universale, cioè pochi sono soldi; l’altra, tutta soveratese: merce poco e niente attrattiva.
Rimedio? Il commercio di Soverato può risorgere solo se si fa una radicale operazione di qualità. La qualità di cui parlo non è solo quella della merce materiale, è anche, è forse soprattutto quella di un commerciante che faccia anche da consulente e consigliere della clientela, quindi sia competente e del mestiere; e che venda a prezzi non “bassi”, che scoraggiano e fanno brutta impressione (“d’o caru accatta, e d’o mercatu pensa”: antico proverbio calabrese da laurea in economia); e bisogna vendere a prezzi giusti.
Feste e spassi, ben vengano; ma non risolvono il problema.
Ulderico Nisticò