Commissari falliti


 Mentre la faccenda calabrese diventa non so se più ridicola o più patetica tra Zuccatelli e Strada, vi tengo una lezioncina di storia: ci sono, nella storia calabrese, forestieri e forestieri. Pitagora era di Samo non si sa quale delle due, forse l’egea; Ruggero I era nato in Normandia, Brunone a Colonia; tra i recenti, ricordiamo Zanotti Bianco era italiano nato in Grecia, Paolo Orsi friulano… Benvenuti.

 Anche io, se è lecito confrontare le cose grandi con le piccole anzi microscopiche, fui contento che la Lega mandasse il bergamasco Invernizzi. Visti i risultati, mi piglio a ceffoni tutte le mattine. Quindi il problema non è se Tizio è nato in Calabria e Caio in Val d’Aosta. Se Cotticelli, Zuccatelli o l’ipotetico Strada mi ispirassero la minima fiducia, non chiederei loro il certificato di nascita e quello di residenza.

 Ma vale, in generale, per tutti i commissari della sanità calabrese, forestieri e indigeni. Tutti hanno fatto pena, e aggravato le situazioni già gravissime. Tutti hanno avuto e hanno eseguito un solo compito: tagliare le spese. Per fare questo, bastava un ragioniere neodiplomato.

 Compito di un commissario sarebbe invece far funzionare le cose con la giusta spesa. Per fare questo… mi viene a mente un film storico inglese, fatto bene come tutti i film storici inglesi, perché sono storici e non ideologici e politicamente corretti.

 Il principe tedesco Alberto di Sassonia va a far visita alla futura moglie, la regina di Gran Bretagna e Irlanda e signora di mezzo mondo, Vittoria di Hannover, tedesca pure lei di sangue, però ormai inglese come i suoi avi dal 1714. In quanto inglese, stava tremando di freddo, perché una delle infinite leggi e consuetudini britanniche imponeva una data precisa per l’accensione del camino, competenza di un servo, mentre quella di portare la legna era competenza di un altro. Valutata la situazione, Alberto brandisce lo scudiscio del cavallo, e convince in tre secondi entrambi i servi ad accendere il fuoco, migliorando così la salute della congelata sovrana, e creando l’atmosfera adatta a un colloquio d’amore. Ecco cos’è un commissario!

 Alberto era forestiero, e in fondo anche Vittoria. La quale nel 1876 venne incoronata imperatrice delle Indie per mano di Disraeli, italiano di Livorno di stirpe ebraica; e gli Indiani stimarono Vittoria più o meno un’indiana che stava a Londra.

 Serve anche a noi un commissario con pienissimi poteri, e che non debba litigare con il sindacato degli uscieri per farsi aprire la porta dell’ospedale: finora è successo così, e il commissario è stato una burocrazia in mezzo a tante burocrazie; cioè una bocca inutile in più. Bisogna fare come i commissari dei Comuni, che sono Giunta e Consiglio e tutto, anche usciere.

 E che sia valido, il che NON comporta necessariamente essere medico. Anzi, come diceva il vecchio Clemenceau, “La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali”.

Ulderico Nisticò