Conclusioni sul referendum


 Senza troppo discutere di numeri, faccio notare che per il quinto quesito, quello sulla cittadinanza, il 30% dei non molti che hanno votato, però ha votato no.

Parliamo del numero globale, che è il 30% degli elettori, inclusi quelli non di sinistra. Chi voleva usare il referendum per fini politici, e persino per far cadere il governo, è stata sconfitta: attenzione al genere femminile: Elly è stata battuta dai numeri totali, e subito da Landini, che a botta calda accusa lei della politicizzazione e si scarica le anche sue responsabilità. Sconfitto è il campo largo, che si presentò in ordine non sparso ma anarchico.

Ora discutiamo del referendum. La carta del 1948 è stata elaborata ottant’anni fa, e in gran parte ripeteva lo Statuto del 1848, un secolo prima; nonché un modello francese ottocentesco che la Francia già nel 1958 abbandonò. Basti pensare che dei partiti del 2 giugno 1946 non ne sopravvive nemmeno uno manco come sigla; e ciò già da trentacinque anni.

Quando si pensò al referendum, la raccolta di cinquecentomila firme era considerata, ed era, non facile, quindi ritenuta sufficiente soglia di sbarramento. Oggi le firme, quelle elettroniche incluse, si raccolgono in un paio di giorni; e certo i firmatari non si sono tutti laureati con tesi sul diritto del lavoro; e tanto meno sono esperti di diritto internazionale e della cittadinanza. Non regge il paragone con il referendum istituzionale, dove si votava repubblica/monarchia, e nella scheda c’erano anche i disegni.

Conclusione: io sono per due milioni di firme; e per quesiti chiari e semplici. Quanto al quorum, ne propugno il mantenimento. Il referendum deve tornare uno strumento estremo, e di dignità politica.

La gente non va a votare… ma quelli della mia età ricordano la vecchietta analfabeta e malata del 1950 che si faceva portare a spalla al seggio pur di votare; mentre sua nipote del 2025, palestrata e laureata e con master, non sa nemmeno che ci sono le elezioni. Le elezioni in generale, non il referendum; le ideologie, nel caso più fortunato, le ha studiate frettolosamente a scuola, s’intende per l’interrogazione, se no…

Abbiamo dunque, in tantissime cose, vino nuovo in otri vecchi; ma tantissimi credono sia vecchio anche il vino.

Ulderico Nisticò