Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro ha posto in essere nei giorni scorsi una vasta azione ispettiva nei confronti dei “cantieri edili” nella Provincia di Vibo Valentia, in sinergia con il personale delle numerose Stazioni Carabinieri dislocate sul territorio. La vasta operazione, preventivamente partecipata al Prefetto di Vibo Valentia, Roberta Lulli, recentemente insediatosi con il chiaro intento di dare ulteriore impulso ad ogni attività di tutela della legalità e di rilancio dell’immagine della Provincia vibonese, è stata finalizzata, d’intesa con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, al contrasto del fenomeno del lavoro sommerso, dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (ex art. 603 bis c.p., cosiddetto “caporalato”) e a verificare la corretta applicazione della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
I controlli hanno interessato sia cantieri pubblici, che privati. Paradossale l’esito di una verifica ai danni di una ditta specializzata nel settore degli impianti elettrici, la quale, ingaggiata per lavori di messa in sicurezza di una nota azienda delle Serre vibonesi, è risultata non in regola proprio con il piano di coordinamento della sicurezza, così incappando nella denuncia all’Autorità Giudiziaria.
Undici le ditte controllate: oltre 164.000 euro l’ammontare delle sanzioni complessivamente elevate, di cui ben 151.000 euro connessi ad illeciti penali. Sotto lo scanner dei Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro sono finite imprese e liberi professionisti dello specifico settore edile. Le sanzioni hanno riguardato anche i titolari di diversi ruoli nelle compagini societarie delle imprese e ditte individuali ispezionate: dagli amministratori unici ai rappresentanti legali, 14 in tutto i segnalati alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, per le specifiche figure di “coordinatori” e “committenti”.
Cinque soggetti si sono infatti resi responsabili di violazioni del piano di coordinamento della sicurezza, mentre 4 società sono finite nei guai per inosservanza della normativa in materia di sicurezza di lavoro, mancata comunicazione obbligatoria dell’instaurazione del rapporto di lavoro (c.d. “lavoro nero”) e, per i casi più gravi, è stata disposta anche l’immediata sospensione dell’attività imprenditoriale per aver superato, con l’impiego di lavoratori in nero, il 20% della forza lavoro effettiva. Ben tre, invece, le società risultate non in regola per quel che concerne la normativa anti Covid e conseguentemente sanzionate in via amministrativa.
La vasta azione di controllo svolta in questi giorni, rientra nel normale espletamento dei compiti che il Comando Carabinieri Tutela per il Lavoro esercita sin dai primi del ‘900 sul territorio nazionale. Le origini del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, infatti, risalgono al 1926, quando su richiesta del Ministro dell’Economia Nazionale, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri Reali stabilì “di istituire nei capoluoghi di Divisione delle sedi dei Circoli dell’industria e del lavoro, piccoli nuclei di militari composti da un sottufficiale e da due appuntati o carabinieri provetti”.
Materia che è di esclusiva competenza del Comando Carabinieri Tutela del lavoro, Reparto Speciale dell’Arma con articolazioni in tutte le Province, a cui recentemente, è stato riservato per legge proprio il compito di garantire la sicurezza in materia di legislazione sociale e tutela dei lavoratori.