Coronavirus: Alla ricerca del tampone, una storia tragicomica


Questa è la storia di un ricongiungimento familiare, di una ragazza che dopo una coscienziosa e assoluta clausura nella città in cui frequenta l’università fuori regione, fa rientro in Calabria, a casa propria, per riabbracciare due genitori, due fratelli e anche due cani, in un tiepido venerdì sera di metà maggio.
Diligentemente si sottopone al tampone una volta giunta alla stazione di Lamezia Terme, e si rinchiude nuovamente in casa per la quarantena in attesa dell’esito che, si presumeva (ah! che stolti), sarebbe arrivato nel giro di pochi giorni.

Ma siamo in Calabria, anzi siamo in Italia, la terra campione del mondo negli sport olimpionici del rimpallo di responsabilità, dei favori da chiedere e della salto acrobatico allo squillo del telefono.
Passa una settimana e non arriva alcuna comunicazione nonostante fossero già stati fatti i primi solleciti e le prime telefonate a medico di base, ASP territoriale e via dicendo, e nonostante la ragazza abbia la fortuna di abitare in una casa in cui mantenere le distanze non è un problema…

Giorno 21 maggio, che a me piace definire “quel maledetto giovedì” (sono un pò melodrammatica, abbiate pazienza), arriva una sorpresa: un’ordinanza di quarantena! Una per ciascuno eh, cinque ordinanze fresche di stampa e di firma, per non scontentare nessuno. Anzi, ai due cani non è arrivato nulla e si saranno un pò risentiti per la mancata considerazione, dal momento che in quarantena ci stanno anche loro.

Voi direte:”Giustissimo! Cosa ti aspettavi? Di poter uscire come se niente fosse ed infettarci tutti?”
Eh no, cari miei. Qua occorre precisare alcune cose… proverò ad essere schematica e concisa:

1. Come riportato dal sito della Regione Calabria, dai giornali e telegiornali, e come riferito dalle testimonianze di amici e conoscenti già rientrati in patria: UNA VOLTA GIUNTO L’ESITO DEL TAMPONE, SE QUESTO DOVESSE RISULTARE NEGATIVO SI POTRA’ INTERROMPERE LA QUARANTENA.

2. Se l’esito del tampone non dovesse arrivare entro 72 h circa, LO STESSO PUO’ CONSIDERARSI NEGATIVO (rifarsi al punto 1.)

3. Volendo proprio, per un eccesso di zelo e coscienza civica, rimanere in quarantena visto che è venuto fuori che in un deposito della protezione civile sostavano da chissà quanto tempo un numero non precisato di tamponi in attesa di essere processati

4. Considerato che il medico di base ed il personale dell’ASP che siamo riusciti a contattare, ci hanno riferito che QUASI SICURAMENTE (che di sicuro c’è solo la morte, comunque) IL TAMPONE E’ NEGATIVO, PERCHE’ IL TEMPO MASSIMO IN CUI VENGONO PROCESSATI I TAMPONI E’ DI UNA SETTIMANA, e se fosse risultato positivo ci avrebbero già avvisato. Settimana che scadeva proprio nel giorno in cui ci hanno detto che da quel momento e fino al 29 maggio non avremmo potuto mettere il naso fuori di casa, che burloni!

La suddetta reclusa famigliola, dopo un iniziale momento di sgomento e rabbia, non si perde d’animo ed inizia il valzer delle telefonate per cercare di risolvere la situazione. EBBENE. SIAMO AL 26 MAGGIO E SIAMO ANCORA CHIUSI IN CASA.

Eccovi il resoconto degli ultimi giorni:
– un numero infinitamente spropositato di telefonate inconcludenti
– Il Dipartimento di Prevenzione dell’ASP che dice che loro non sanno niente di niente (e meno male che sul sito della regione calabria c’è scritto che dovevano avvisarci loro, ottimo direi) e ci rimpalla al Laboratorio di Microbiologia dell’ospedale Pugliese.
– Il Laboratorio di Microbiologia dell’ospedale Pugliese che dice che loro non sono autorizzati a dirci nulla per una questione di privacy.
Ah, inoltre il direttore del laboratorio intervistato ieri al tg regionale, afferma che loro trasmettono i dati al sopracitato Dipartimento di Prevenzione… quindi qualcosa non torna.
– “Non è di mia competenza, le passo quest’altro ufficio” RIPETUTO VENTI VOLTE.
– In tutto, e non è un eufemismo, ALMENO 50 TELEFONATE SENZA RISPOSTA. Il telefono squillava triste e solitario, anzi più che solitario, oserei dire allegramente ignorato. Che io vorrei proprio sapere, che lo pagano a fare gli enti pubblici il servizio di telefonia?? Una marea di risorse sprecate che potrebbero essere investite per migliorare i servizi al cittadino.

Avete capito dove sta il tragicomico? Due settimane in attesa di un foglio che attesti ufficialmente quello che ufficiosamente ci è stato detto al telefono. Foglio che non è arrivato e mai arriverà, non potrà essere trasmesso ai vigili e al comune per revocare l’ordinanza di quarantena.
(Tengo a precisare che i vigili, oltre al nostro medico di base, in tutta questa storia sono stati i più gentili e disponibili, ma altro non potevano fare che attuare le disposizioni ricevute, giustamente).

La ragazza della storia è mia sorella, e la felicità che abbiamo provato nel momento in cui ha varcato la soglia di casa vale molto di più di qualsiasi altra cosa. Ma non è scontato che ciò annulli tutti i problemi che due mesi di lockdown hanno portato in ognuno di noi, soprattutto dal momento che tutta questa situazione deriva da una disorganizzazione e da una strafottenza senza limiti, come se fosse NORMALE bloccare un’intera famiglia in casa per una mancata trasmissione di un referto.

In sostanza, vi sarò sembrata una gran lamentona, ma vi assicuro che affrontare ingiustamente una nuova quarantena per una famiglia che aveva appena iniziato a ripartire, ognuno con la propria vita e con le proprie sacrosante necessità al di fuori delle mura di casa (lavorative, di salute, di svago e così via), non è semplice, e non lo è soprattutto se ciò avviene in modo irrispettoso e senza alcun senso. Suppongo sia successo ad altri, altri ragazzi e altre famiglie con altrettante storie diverse da raccontare. Ma noi, come tanti altri, non siamo nessuno e non abbiamo santi in paradiso a cui rivolgerci.
Da questa esperienza rimane l’amarezza e la rassegnazione con cui affronteremo gli ultimi giorni di quarantena, consapevoli che la coscienza civica e la rettitudine morale del singolo cittadino non vale nulla di fronte ad un sistema sanitario ed amministrativo allo sbando, in cui se conosci qualcuno ti salvi altrimenti, perdonate il francesismo, ti fotti.

Serena Ranieri
Titolo: Alla ricerca del tampone – una storia tragicomica