Coronavirus, Sindacati: “Gravi ritardi nei controlli nelle Rsa calabresi”


 “Dopo i focolai divampati all’interno di alcune Rsa nella nostra regione bisogna ora agire con forza e risolutezza, mettendo immediatamente in essere tutti gli interventi necessari per impedire che altri eventi drammatici possano verificarsi”. Lo affermano le segreterie regionali di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uil Pensionati.

“La Calabria – scrivono i segretari generali di Spi, Pasquale Arigliano, di Fnp, Cosimo Piscioneri, e di Uilp, Alfonso Cirasa – non è immune da colpe e responsabilità. Quanto ‘esploso’ all’interno delle Rsa certifica di fatto come la stessa ordinanza 20 del 27 marzo a firma del presidente della Regione Santelli sul monitoraggio delle strutture residenziali sia stata applicata in modo inadeguato. Se la Regione Calabria avesse avviato per tempo una puntuale attività di screening, prevenzione, verifica capillare sull’idoneità delle varie strutture, si sarebbe ridotta al minimo l’esposizione al contagio ed evitato lo sconfortante quadro emerso dalle ultime attività investigative nel mondo delle Rsa calabresi, prive, in alcuni casi, anche dei requisiti igienico sanitari minimi”.

Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp ricordano di aver “chiesto già a marzo maggiore attenzione al governo regionale e alla politica calabrese sul sistema delle strutture sociosanitarie e socio-assistenziali, indicando anche le principali azioni di prevenzione da intraprendere per scongiurare eventuali contagi. Dopo i focolai divampati all’interno di alcune Rsa, da Bocchigliero a Chiaravalle, da Melito Porto Salvo a Torano Castello, bisogna ora agire con forza e risolutezza, mettendo immediatamente in essere tutti gli interventi necessari per impedire che altri eventi drammatici possano verificarsi. Occorre rafforzare la medicina del territorio anche in previsione del passaggio alla cosiddetta ‘fase 2’, rimuovendo ogni ostacolo che ritarda la completa istituzione in tutte le Asp delle Unità speciali di Continuità assistenziale di cui al decreto del presidente e mettendo nelle condizioni i medici di famiglia di poter svolgere, e non a mani nude, quell’azione diffusa di cura e prevenzione che faccia da filtro all’ospedalizzazione”.