Alla notizia che la Calabria occupa gli ultimissimi posti per qualità della vita, una terra normale avrebbe dato vita a un vivacissimo e genuino dibattito. Hanno aperto bocca finora: uno che, dopo aver versato oceani di fango sulla Calabria, ora s’inventa che qui siamo più cordiali di Bolzano; e il sindaco di Reggio per balbettante dovere d’ufficio. Oliverio e la Giunta di Alto Profilo, muti; giornali, muti; tv, mute; la gente, mutissima.
Attenzione, la graduatoria del Sole 24 ore non è fatta di soldi (per altro, pochissimi, a Sud), ma di un complesso articolato di fattori. Per esempio, se io fossi ricchissimo e possedessi una Ferrari, ma volessi recarmi con quella da Soverato a Fabrizia, 40 km poco più, impiegherei lo stesso che possedendo una vecchia 500, perché le strade fanno pena; e i piloni delle strade nuove sono un tantino sospetti, e inagibili. Io dunque, il presunto padrone della Ferrari, sarei un nababbo ma con una pessima qualità della vita, almeno nel mio bisogno e desiderio di recarmi a Fabrizia. Altrove, più o meno uguale.
Andiamo avanti. Per andare a S. Severina, il che mi accade spesso, io, con la mia effettuale Panda, percorro vie anche molto peggiori delle Serre; però, ne vale la pena, per frequenza di convegni di ogni genere, anche internazionali; per la Biblioteca che abbiamo inaugurato il mese scorso; per i monumenti ben tenuti e il turismo culturale… Se invece voglio restare a Soverato, mi tocca la tv, perché il cinema è chiuso e il teatro pure.
Ci sono manifestazioni culturali, ma piuttosto limitate ai soci di ogni singola associazione.
La qualità della vita, dunque, è fatta di strade, cinema, teatro, libri, economia, socialità eccetera. Anche di economia, certo: che qualità di vita ha una famiglia i cui figli laureati e specializzati sono anche disoccupati? Oppure, se troveranno lavoro, sarà a Bolzano, a Milano… quelle della vetta della classifica. Ma non è un fatto di soldi e di beni materiali. Direi che è fatta di socialità.
Socialità? Beh, cos’è questa cosa? È che io dico A e voi rispondete B, e si dialoga, si litiga, ci si piglia a pesci in faccia come fece Cecco con Dante; ma Guido Cavalcanti in un sonetto aveva attaccato il già amico con parole da coltellate, e Dante in cambio lo preconizza all’Inferno! Ecco cos’è la socialità. Quando incontro sul corso una persona e ci diciamo Come va e quello risponde Così così, niente coltellate, ma si è due perfetti e cortesi estranei.
Se io attacco, come spesso faccio, Questo o Quello, e sempre per nome, mi aspetto che replichi per nome con forti parole e pesanti argomenti: e questa sarebbe la socialità. Macché: muto. Al massimo, telefona al direttore del giornale e gli sussurra di non pubblicarmi più. Ecco cosa non è la socialità.
Invece, in Calabria, regna l’omertà per paura. Paura della mafia? Ma no, che gliene frega, alla mafia, del Sole 24 ore? E poi, Reggio, sempre secondo il Sole, è una città tranquillissima, a metà classifica per ordine pubblico. Lo dice il Sole 24 ore: lo so che don Ciotti e la Musella e tanti, tanti antimafia di mestiere sostengono il contrario, ma i numeri sono numeri, e io credo più al Sole che ai predicatori di piazza: sono cattivo, vero? A Reggio, e più o meno in Calabria, il problema non è l’ordine pubblico; è il degrado della vita sociale, della vita civile, della cultura, del lavoro, eccetera.
Il problema è che il degrado è un fatto comunitario, mentre i singoli, e tra loro gli intellettuali, conoscono e praticano benissimo l’arte dell’arrangiarsi, e stanno benissimo, con la scialuppa garantita mentre la nave affonda.
Però, caspita, qui fu la Magna Grecia! Quando? Un po’ di tempo fa, ma non sottilizziamo.
Ulderico Nisticò