Dipendenti con buste paga “truccate”, interdittive e sequestri


Circa 3,5 milioni di euro è il valore delle somme sequestrate contemporaneamente alla sottoposizione a controllo giudiziario di due società e all’interdizione dall’esercitare attività d’impresa per sei persone, appartenenti allo stesso contesto familiare, amministratori di due aziende di un noto gruppo imprenditoriale che si occupa di trasporto su strada e con sede nell’area industriale di Lamezia Terme.

Questo l’esito dell’operazione chiamata in codice “Sheffield”, eseguita dai finanzieri di Catanzaro su ordine del Gip del tribunale lametino Emma Sonni. Operazione che arriva al termine delle indagini coordinate dal Procuratore Salvatore Curcio e dal Sostituto Giuseppe Falcone.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori gli indagati, a partire dal 2016, avrebbero sfruttato oltre una settantina di dipendenti, approfittando del loro stato di bisogno, dovuto anche dall’assenza di altre opportunità di lavoro nella zona.

L’ipotesi è poi che siano state corrisposte ai dipendenti delle retribuzioni “palesemente difformi” rispetto al contratto collettivo nazionale e, comunque, assai inferiori quanto a quantità e qualità del lavoro prestato.

Compensi che sarebbero stati stabiliti dai datori di lavoro in misura fissa, a prescindere dalla effettiva attività prestata dal dipendente, senza straordinari o indennità di trasferta, o le maggiorazioni previste nei festivi, così come per la tredicesima e la quattordicesima mensilità.

Sempre secondo le fiamme gialle lametine, sarebbero state elaborate così delle buste paga non in base alle prestazioni reali dei dipendenti, bensì stabilendo, a monte, una retribuzione mensile, per poi elaborare, a ritroso, i dati da inserirvi; tanto che ai professionisti incaricati di redigere le stesse buste paga sarebbe stato comunicato solo l’ammontare da corrispondere come retribuzione, senza avere alcuna contezza delle prestazioni effettivamente svolte dai lavoratori.

Sin dalla loro assunzione, poi, sarebbe stato messo in chiaro dagli imprenditori che tutti avrebbero percepito una somma fissa e predeterminata di 1.200 euro per gli autisti con la patente di categoria “C”) e di 1.300 per quelli con la patente “C+E”.

Una somma che sarebbe stata erogata a prescindere dalle effettive prestazioni svolte da ciascuno di loro – di gran lunga superiori a quelle retribuite – e comprensiva sia di quota del TFR che della 13ª mensilità.

Come accennavamo ai dipendenti non veniva nemmeno pagato lo straordinario, in quanto in busta paga erano riportate solamente quattro ore per settimana in misura fissa, comprese nell’importo pre-determinato; né tantomeno ci si vedeva corrispondere le indennità per il lavoro svolto di sabato e domenica.

Oltre, poi, a non godere dei giorni di ferie maturati che, tuttavia, in busta paga venivano comunque riconosciute in base alle normative, i dipendenti sarebbero stati costretti ad accettare le indennità di trasferta in misura inferiore rispetto a quelle previste dal Ccnl.

Tutti questi presunti illeciti, per gli inquirenti sarebbero stati commessi “nell’interesse e, comunque, a vantaggio delle società amministrate e rappresentate dagli odierni indagati” e, per questo è stata contestata la responsabilità amministrativa delle due società, nei confronti delle quali è stato disposto il controllo giudiziario, oltre al sequestro preventivo dei 3,5 milioni ritenuti pari al profitto del reato contestato di sfruttamento di lavoro.