Una vicenda delicata e umanamente complessa ha coinvolto un trentenne del Basso Ionio catanzarese, affetto da disabilità mentale, finito sotto accusa per presunti comportamenti a sfondo sessuale su un minore conosciuto in un gruppo WhatsApp.
L’uomo era stato denunciato dal padre di un tredicenne, che aveva scoperto i messaggi e identificato il presunto autore fingendosi il figlio in una breve videochiamata.
Il procedimento, approdato davanti al gip del Tribunale di Nola, si è concluso con una sentenza di non luogo a procedere: il giudice ha riconosciuto la totale incapacità di intendere e di volere dell’imputato, la sua inidoneità a sostenere il processo e la totale assenza di pericolosità sociale.
Una perizia medico-legale, richiesta dall’avvocato Luigi Aloisio, difensore del giovane, ha confermato la grave fragilità cognitiva e psichica del trentenne, sottolineando come fosse facilmente suggestionabile e manipolabile.
Il perito ha inoltre rilevato che l’uomo vive sotto la costante supervisione della madre, amministratrice di sostegno, che ne garantisce un controllo continuo e responsabile.
«Questo caso – ha dichiarato l’avvocato Aloisio – deve far riflettere sull’importanza di vigilare sull’uso dei social da parte delle persone fragili. Internet può diventare un luogo pericoloso per chi non ha gli strumenti per difendersi o comprendere appieno le proprie azioni».
La sentenza chiude una pagina dolorosa per il trentenne e la sua famiglia, ma apre una riflessione più ampia sulla necessità di proteggere i soggetti vulnerabili nell’ambiente digitale, dove la linea tra realtà e fraintendimento può diventare sottile e potenzialmente devastante.