Draghi e la Grecia


 Draghi, presidente della Banca europea, afferma che la crisi è finita, e il continente è in ripresa. Intanto la Grecia è costretta, per pagare i debiti internazionali, ad affamare ancora di più la sua popolazione allo stremo e ormai in aperta rivolta; e la Calabria è l’ultima d’Europa per soldi e la prima per disoccupazione eccetera. Qual è la verità: la fame greca o la versione di Draghi?

Attenti: tutt’e due. È verissimo che la Grecia è alla fame, è verissimo che il Meridione d’Italia, e la Calabria in specie, stanno malissimo; ma sarà anche vero, almeno secondo i suoi parametri, quello che dice Draghi. Ed ecco una chiarissima prova di come l’Europa sia governata senza alcuna logica politica ed economica; e, più in generale, di come produzione e lavoro e ricchezza e ammodernamento non siano adeguatamente distribuiti, e ciò né per territori né per ceti sociali.

 Per territori: c’è un’Europa diciamo di serie A, un poligono Parigi – Berlino – Milano – Barcellona; un’Europa di serie B in ascesa, quali Italia Centrale, Austria, Francia periferica, Boemia…; e tutto il resto non è serie C o D, siamo alle partire scapoli ammogliati. La Grecia ha solo turismo selvaggio; la Romania, il Meridione d’Italia, gran parte della Spagna producono pochissimo e mostrano evidenti arretratezze.

 Siccome Draghi ha una mentalità da ragioniere, trova dei numeri che gli danno ragione: l’Europa è fuori dalla crisi. La sua Europa, quella carolingia, quella attorno a Bruxelles. E, stando ai numeri, anche la Calabria sta benissimo… esempio, Soverato, che è la seconda località calabrese per reddito pro capite.

  Seconda località calabrese per reddito pro capite: Draghi sarebbe contentissimo. In realtà è che le entrate dei cittadini di Soverato sono quasi tutte fisse e calcolabili, cioè stipendi superstiti e sempre più pensioni. Se io mi contento di sommare stipendi e pensioni, e dividere la somma per gli abitanti, mi risulta un numero X e sono felice. Se invece mi faccio un giro per il paese alla ricerca di attività produttive, cioè che facciano arrivare soldi diversi da stipendi e pensioni, e non ne trovo se non in qualche giorno d’agosto, allora il numero X non solo non mi rallegra, ma mi rende molto preoccupato! Ogni pensionato che – tra cent’anni – trapassi, sarà una pensione in meno!

 Conclusione: Draghi ragiona in termini finanziari, ma io qui, nel mio piccolo, in termini economici; Draghi conta i soldi, io il pane e il companatico. Finanza ed economia non sono sinonimi.

 Orbene, se l’Europa Unita ha un senso, dovrebbe essere proprio quello di colmare le differenze, non di accrescerle come ora sta facendo. Esempio: dove sono i finiti i grandi armatori greci del XIX e XX secolo, che mandavano navi in tutti i mari e assumevano marinai di tutto il mondo? Rispetto a quei tempi, il divario tra un greco del 2017 e un berlinese del 2017 è infinitamente superiore al divario tra quello che era un greco del 1930 e un berlinese dello stesso anno. E anche Soverato, con il suo robusto e alacre ceto medio produttivo tra il 1870 e il 1980, era molto meno lontana da Milano che non sia ora, ora che se per un mese non funzionassero le poste e le banche moriremmo tutti di fame.

 L’errore dell’Europa fu concentrare ricchezze e produzione in poche aree, e lasciare le altre a funzione parassitaria e assistita. Togliere alla Grecia le navi e metterci al posto un turismo degradato e senza alcuna funzione di indotto e tanto meno di miglioramento sociale; e lo stesso vale per il Meridione d’Italia. Europa miope che si credeva non solo furba, ma, peggio, dotata di tre lauree e dodici master e specializzazioni; donde i Prodi che lasciarono, sorridendo, costare un euro, cioè lire 1936 e 27, quello che prima costava 1.000 lire; lo stesso, sei mesi dopo, Berlusconi.

 Ancora più folle, lasciare che entrasse nell’euro una Grecia in quelle condizioni. Non ho cifre esatte, ma se in Italia andò che 1.000 lire divennero 1.936,27 immagino che in Grecia sia stato molto peggio.

 Sarebbe ora di togliere l’Europa di mano ai laureati e masterizzati, rivelatisi del tutto inadatti, e trovare una guida politica, che usi i tecnici solo come insegna Platone: per eseguire ordini, non per decidere. Quando ai Romani servivano un ingegnere o un poeta ateniesi, se li compravano; e li trattavano anche bene: ma non si vide mai che li facessero consoli o imperatori!

Ulderico Nisticò


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