Draghi: l’inflazione come metodo


 Draghi e soci vogliono dare 200 €, nel mese di luglio, a qualcuno. Detta così, pare un’ideona, pare un’opera di bene. E invece è come spegnere un incendio con il fuoco invece che con l’acqua. Se con gli stipendi e pensioni di luglio, diciamo, per i pensionati, l’1, arriveranno 200 € in più, mezzo minuto dopo tutti i negozianti penseranno bene di aumentare i prezzi almeno del 5, se non del 10%.

 È una mia maligna fantasia antidraghesca, da farmi segnare nella lista dei cattivoni antiEU e antiNATO? Ma no, ragazzi: il 2 gennaio 2001, quando entrò in vigore l’euro, tutto ciò che costava prima 1.000 lire, cioè € 0,52, improvvisamente costò un euro, cioè £ 1936,27; ovvero, il doppio.

 È da decenni che stipendi e prezzi giocano alla rincorsa: aumentano i prezzi, aumentano i salari, anche se di solito, meno dei prezzi; aumentano i salari, ed ecco che aumentano i prezzi, di solito più dei salari.

 Ecco che il genio della finanza mondiale, Draghi, usa l’inflazione come metodo: per fare questo, bastava qualsiasi politicante democristiano e socialista della Prima repubblica.

 Il modo corretto, illustre Draghi, è di tutt’altra natura: è produrre i beni e servizi, e, come insegnerebbe qualcuno, a iustum pretium. Sapete chi è questo Qualcuno? Non è certo uno scaldasedie dell’UE: fu san Tommaso d’Aquino.

 L’Italia deve tornare a produrre, cioè a lavorare, giacchè solo il lavoro produce; e i beni non cadono dagli alberi come pensano dei matti dal XVIII secolo. In Italia, deve farlo soprattutto il Meridione, che invece produce poco e consuma molto. E magari aspetta la manna dei 200 €.

Ulderico Nisticò