Molti dotti commentatori della questione russa, cadono palesemente dal pero, e parlando di confini degli Stati, come se fossero sempre gli stessi dai secoli dei secoli. E invece, leggete qui cosa è successo non dai tempi delle caverne, ma solo dal 1989, tre decenni fa.
Iniziamo, però, con noi. Se fosse vero che i confini dei trattati sono intangibili, l’Italia non si doveva riprendere Trieste nel 1954, cosa che invece, in un impeto di dignità nazionale, fece e se strafregò.
C’erano nel 1989 due Germanie, che non si riconoscevano a vicenda. Quando non “cadde” come blaterano gli ipocriti (mica fu un sisma!), ma il Muro venne buttato giù, la Germania Ovest si annesse, attenti, non la Germania Est, che per l’Ovest non esisteva, ma i tre Laender orientali uno per uno. USA, Gran Bretagna, Francia gridarono di no, ma la Germania se ne fregò rotondissimamente. Sparirono due Stati europei, e ne nacque uno.
Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria, che erano occupate dall’URSS, se ne liberarono. La Cecoslovacchia si liberò subito da un’entità fasulla e malata, qual era dal 1918 la Cecoslovacchia, e nacquero R. Ceca e Slovacchia. Meno uno, più due.
Crollava intanto l’URSS; e, al suo posto, nacquero quindici Stati indipendenti, e con gli stessi confini di quando c’era l’URSS, e i confini stavano solo sulle cartine geografiche, e comandava – male, ma comandava – il partito di Mosca. Meno uno, più quindici.
Spariva, in un mare di sangue, la Iugoslavia, e nascevano Croazia, Slovenia e Serbia di sicuro; Montenegro e Cossovo e Bosnia, non si sa. Qui non si possono fare conti.
Quanti Stati, vero? Se gli Stati europei diventano più due, come di fatto già sono, lo vedremo; e con quali confini.
Ulderico Nisticò