Espressione curiosa, vero? Di solito, a scoppiare sono le guerre, eventi politici e militari che coinvolgono e sconvolgono la vita e la morte di interi popoli, e, per quel che qui ci riguarda, suscitano passioni ed emozioni; e ispirano letteratura e arte…
Ieri, 9 ottobre 2025, è stata firmata la pace, e la mia impressione è che tanti ci siano rimasti male, e ne borbottano a mezza voce e con la faccia scura. Come mai?
Sul piano politico, è abbastanza ovvio. Parecchi politici, sindacalisti, marciatori, scioperanti e commentatori avrebbero voluto tutto e il contrario di tutto tranne che a fare la pace fosse, come è stato, Trump.
Trump che è modello contrario a ogni loro politicamente corretto e fiumi di parole, anzi è modello di quella “Realpolitik” che è l’arte del possibile, che è l’autorevolezza e l’autorità, con dosata minaccia della forza.
Trump, secondo me, ha usato ogni suo potere sia nei confronti del mondo arabo, palestinesi inclusi, sia, io così penso, nei confronti dell’amicone Netanyahu. I miei lettori e telespettatori mi hanno sentito dire e letto che, faccio solo un esempio, i giganteschi carri armati dello Stato d’Israele non vengono certo fabbricati nei romantici agricoli kibbutz: basta un sussurro all’orecchio… Tiro a indovinare, però secondo me dev’essere andata così, e Trump ha sapientemente alternato blandizie e minacce.
È andata così, e abbiamo la fine delle ostilità. Qui serve una precisazione: in ogni guerra, la fine delle ostilità non basta a far tacere le armi. Per esempio, la Prima guerra mondiale finì ufficialmente il 4 novembre in Italia e l’11 in Francia, ma si continuò a combattere tra Polonia e Armata Rossa, tra Cecoslovacchia e Ungheria, tra questa e la Romania… senza scordare i conflitti interni in Russia, Germania, Italia… In Terra Santa, è un miracolo se finiscono il massacro di Gaza e gli attacchi di Hamas: miracolo di Trump.
È dunque ora di trovare una soluzione stabile. Uno Stato di Palestina, riconosciuto a tamburo battente, in realtà non esiste, se uno Stato necessità di territorio, confini, moneta, armi, istituzioni; e tutto ciò non c’è.
Perciò l’ONU, la Gran Bretagna, la Francia hanno riconosciuto il nulla. A proposito, tra poco la Francia dovrà cercare essa stessa un riconoscimento e dei sostegni, male combinata com’è.
Uno Stato di Palestina, che non c’è, va formato. Serve un intervento internazionale, sia civile sia militare. Per far ciò, servono fatti e non parole: “Cum parole, non si mantengono li Stati”, insegna il Machiavelli; e tanto meno se ne formano di nuovi. Le parole che non servono, anzi fanno danno, le abbiamo sentite, e con le parole la guerra poteva durare altri decenni.
Concludo con un’informazione. Il Premio Nobel viene assegnato ogni anno dall’Accademia Reale della Svezia; niente a che vedere con il Nobel della pace, che è del parlamento della Norvegia, e che, negli anni, è stato appioppato a degli illustrissimi sconosciuti, e anche a tagliagole e terroristi vari.
Vi ricordo che lo diedero a Obama appena eletto, e che poi scatenò guerre a pioggia, tra cui la distruzione della Libia e l’assassinio di Gheddafi. Trump non ha scatenato guerre, anzi ne sta impedendo una.
Ora, quando Russia e Ucraina?
Ulderico Nisticò