Egregio Prof. Nisticò
I suoi articoli possono piacere e non piacere ma è riduttivo che lei pensi ai suoi lettori come a gente incolta e incapace di comprendere quello che scrive…. graecum est, non legitur….anche se scende in campi “ristretti” del sapere (o sàpere?). Deve pensare, infatti, che ci siano anche lettori-studenti del liceo classico o ex studenti della lingua di Cicerone ed Erodoto, i quali la seguono e sono interessati ai suoi scritti, specie quelli sulla nostra patria borbonica, in bene e in male. A proposito del fecerimus da lei citato (Vivamus mea Lesbia…, endecasillabi faleci) volevo dirle che quanti hanno fatto studi classici non ignorano tali elementari cosucce. Non ricorda che “qualche” lustro addietro il latino e greco si leggeva in metrica? Catullo fa uso disinvolto delle vocali lunghe e delle brevi per far quadrare i “conti”, ossia la metrica (come unius al verso 3) dove (come fecerimus al verso 10) la i è breve ma viene considerata lunga appunto per la quadratura del cerchio. La struttura del verso falecio è infatti assai discussa, anche se generalmente consiste in una base eolica libera della pentapodia, un dattilo e tre trochei. Saluti
Adriano V. Pirillo
Crotone
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