Etologia del cinghiale


L’etologia è una scienza sfortunata, quasi sconosciuta. Ne ripeto i principi fondamentali:

– ethos, in greco classico, significa sia sede sia costume; l’etologia studia dunque il comportamento di una specie animale in un determinato territorio;
– non studia gli animali in genere come fossero tutti uguali, ma esattamente il contrario: ogni specie secondo la sua natura, e in rapporto con un certo territorio, e non con un territorio qualsiasi;
– neanche gli uomini, grazie a Dio, siamo tutti uguali, ma ne parliamo un’altra volta;
– ogni specie animale, insegna l’etologia, ha sviluppato un comportamento per rispondere alle esigenze dell’ambiente; cambiando l’ambiente, o si adatta, o perisce;
– alcuni comportamenti sono innati ed ereditari, altri sono acquisiti e trasmessi di generazione in generazione;
– uno di questi comportamenti innati è l’aggressività, che può essere extraspecifica (lupo mangia pecora), e intraspecifica (lupo dominante s’impone sul branco); per levare le ubbie ai buonisti, il Lorenz ha studiato quanto possa essere crudele la colomba, sì, proprio quella della pace!

I cinghiali che dilagano ormai in tutta Italia, e qui nel Soveratese, si trovano in una condizione anomala: essi sono l’effetto di un ripopolamento gestito in modo dilettantesco, e senza nozioni di zoologia, e figuratevi di etologia, verso gli anni 1970, importando animali balcanici. I cinghiali non sono dunque una specie autoctona. Lo saranno, forse, tra mille anni, quando avranno acquisito un comportamento nuovo rispetto al nuovo territorio. Tra mille anni il piccolo cinghiale imparerà dalla mamma a non frequentare i luoghi abitati dalla specie vivente più cattiva e meglio organizzata: l’uomo. Per il momento, i cinghiali non lo sanno, e per loro una montagna e il sottopasso di via Trento e Trieste sono la stessa cosa: luoghi dove trovare da mangiare. O per istinto o per paura, possono diventare aggressivi, e fare del male alle cose, e, sta già succedendo, alle persone.

Un corollario importante: è noto che i cinghiali sono ammalati, e ciò anche perché vivono in ambienti per loro innaturali; e mangiare rifiuti umani non è certo una dieta salutare. Ammalati, sono anche contagiosi.
Insomma, il problema dei cinghiali è frutto di un errore, che, come credo di aver dimostrato, è anche frutto di utopistiche ideologie ugualitarie, per cui una tigre del Bengala e un agnellino neonato sono la stessa cosa! E invece non è così.

Altro discorso, chi debba praticare gli abbattimenti, e con quali regole. Siccome siamo in Italia, e, peggio, in Calabria, c’è sempre il rischio che venga promosso cacciatore il cugino del cugino… E lo so, ma non è un argomento.
Il concetto è che il pericolo va affrontato; e ciò per due finalità:

– nell’immediato, proteggere persone e luoghi;
– nel medio tempo, creare nella specie un comportamento ereditario, che insegni quali luoghi frequentare e quali evitare.

Fidatevi, la Natura sa quello che fa, ha una sua ragionevolezza. Non è razionalista, e meno male, ma è ragionevole.

Ulderico Nisticò


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