Film “Il monaco che vinse l’Apocalisse”


La Trinità

Miracolosamente, un film che in qualche modo ci riguarda. Tuttavia devo più cose eccepire.

Chi entra nel cinema sapendo tutto, ma proprio tutto, su Gioacchino da Fiore (XII secolo), trova interessante il film in parola. Chi invece entra nel cinema senza già sapere tutto, ma proprio tutto, su Gioacchino da Fiore, esce dal cinema come vi è entrato, cioè senza aver appreso granché, per non dire nulla.

Chi, per mestiere, sa già, vede, o almeno intuisce, quanto segue:

– un fedele è stato a Gerusalemme;
– torna ed entra tra i Cistercensi;
– studia i Testi Sacri, ed elabora una sua dottrina sulla Trinità: età severa del Padre, misericordiosa del Figlio, fine della storia con lo Spirito;

– viene combattuto dai Cistercensi e protetto dai papi, il che è vero solo in parte;
– ha la protezione di un non meglio indicato “re”: dovrebbe essere, ma rimasto anonimo, Guglielmo II il Buono (1166-1189);

– a proposito di sovrani, compaiono Costanza, già imperatrice per aver sposato Enrico VI, e madre, poco dopo, di Federico II; e Riccardo Cuor di leone d’Inghilterra, cui Gioacchino del film profetizza quello che però era già avvenuto: la presa di Gerusalemme da parte del Saladino: date e sequenze non sono precise;

– del tutto incongrua e infondato luogo comune la scena delle torture a non si sa manco chi;
– non abbiamo il piacere di vedere l’abbazia di San Giovanni in Fiore, che pure c’è ed è integra;

– lo stesso per il Liber Figurarum, che non faceva male riprendere interamente o almeno di più, e non solo due immagini;
– la parola Calabria non viene mai pronunziata; per “calabrese”, attendete; e nemmeno si parla di Celico, luogo di nascita di Gioacchino, e Pietrafitta dove morì; per sapere di Corazzo, cui si accenna, serve una mappa; nulla di strano, se avessero mostrato gli imponenti resti;

– compaiono bellissimi panorami di montagne e di foreste, che però potrebbero essere foreste e montagne di qualsiasi luogo tranne il Sahara; per sapere che sarebbero in Calabria, bisogna leggere i titoli di coda: ma questi, di solito, sono rimasti ignoti al pubblico che, alla fine, se era legittimamente andato;

– nonostante la breve durata dello spettacolo, da me visto dalle 17.10 alle 18.20, più sfilza di coda;
– alla fine, la scontatissima citazione di Dante, Par. XII; ma nemmeno un cenno al fatto che l’Alighieri s’ispira intrinsecamente al pensiero trinitario di Gioacchino, e nella concezione del Poema e nello stesso schema triadico.

Conclusione, e lo dico alla Regione Calabria e a chi altri ha pagato, sarebbe stato meglio controllare, durante lo svolgimento del lavoro, la sceneggiatura e tutto il resto, e da un punto di vista sia storiografico e culturale, sia, soprattutto, cinematografico. Con tutto questo, ripeto che il film è vedibile, ma, ribadisco, solo se uno conosce già Gioacchino.

Ulderico Nisticò