Giardino botanico, e un angolo di storia militare


 Leggo con attenzione che si avvia a divenire effettiva l’idea di ristrutturare e riorganizzare il Giardino Botanico, interessante e ricco di piante, ma bisognoso sia di interventi sia di valorizzazione turistica.

 Ci sono dei precedenti. Sono stati tenuti dei concerti; e, nel 2014, lo spettacolo di U. N. “Emozioni nel parco”, regia di Tonino Pittelli.

 Durante l’avventurosa e rigorosamente volontaristica, ma, tutto sommato, ben riuscita esperienza dell’Ippobus turistico, del medesimo U. N., il Giardino era una tappa apprezzata dai forestieri.

 Ci si ricorda anche che è un angolo della nostra storia; e non facciamo male a precisare.

 La Torre, che sorge ai limiti del Giardino, è un’antica “cavallara” di avvistamento contro i Turchi, il cui nome genuino sarebbe Galilea, per la consuetudine di una sosta quando da Soverato Superiore le statue di Gesù, Maria e s. Giovanni venivano portate via Mortara e Santicelli. Resta l’espressione “scindimu i santi a Galilea”, dall’espressione evangelica, dopo la Resurrezione, “vi precederò in Galilea”. Come molti edifici storici, anche la Torre venne recentemente ribattezzata di Carlo V.

 Nei pressi è stato ritrovato un pugnale con una strana scritta. È in possesso di privati, e ve ne parlo un’altra volta.

 Leggenda vuole che un cunicolo porti al castello. Questo è il complesso di edifici che oggi sono noti come Palm Beach, ex Gregoraci, fino a Braxator. Anche di questo abbiamo parlato, e torneremo.

 Santicelli, con ogni probabilità, è l’italianizzazione di “Santicerhi”, a sua volta derivato dal diffuso toponimo Cona e varianti, dal greco Eikòn.

 Prima di assumere l’attuale denominazione di Panoramica, si disse anche “u Chianu d’a Batteria”, per la presenza, durante la Seconda guerra mondiale, di quattro pezzi di artiglieria antinave. È certo che entrarono in azione nella primavera del 1943, colpendo un sommergibile inglese emerso con l’intenzione di cannoneggiare i ponti sull’Ancinale.

 Leggiamo nella Cronaca dei Salesiani che, ai primi di settembre, il capitano andò a prendere congedo dal direttore, consegnandogli il testamento, e trasferì i pezzi a Sersale, dove s’intendeva costituire una linea di difesa contro gli Angloamericani. Dei pezzi restano, ben visibili, le piazzole e i supporti di cemento.

 C’erano almeno due casematte antisbarco sulla spiaggia, poi eliminate. Chi vuol vederne una, vada in Marina di Satriano.

 Il presidio di fanteria si portò a Badolato, combattendo valorosamente per tre giorni. L’avvenimento è stato ricostruito con la solita cura dal professor Squillacioti sulla “Radice”, cui rimandiamo.

 Rimase a Santicelli la contraerea, affidata, in parte, anche ad anziani richiamati soveratesi. Essi fecero, come vedremo, il loro dovere fino all’ultimo, però lo spiritaccio soveratanissimo non li risparmiò, e si raccontava che così qualcuno comunicasse ai comandi: “N’aroplanu supa Santicerhi… no, supa Mortara… no, a Mangiaficu… supa don Saffu… sinda jiu”.

 Scherzando e ridendo, però, la contraerea sparava davvero, per contrastare i bombardamenti terroristici dell’estate 1943, che colpirono duramente Catanzaro, Crotone e molti paesi, tra cui la Matrice di Satriano (si persero le Reliquie dello Zumpano), e la stazione di Soverato, con distruzione, tra l’altro, di un grande deposito di materiale di Davoli destinato all’industria che ancora i vecchi chiamiamo “U quarzu”, oggi malinconico rudere.

 Venne abbattuto un aereo nemico proprio il 7 settembre 1943, poche ore prima dell’improvviso armistizio badogliano. Tanto per chiarire le idee a quelli che amano reinventarsi i fatti storici.

 Il velivolo riuscì a planare sulla Punta; era americano, e il pilota venne catturato dalla popolazione e consegnato ai Regi Carabinieri, allora in via S. Maria di Poliporto. Trascorse la notte in gattabuia; la mattina dopo, era un altro discorso. Il 9 Soverato venne occupata da un reparto canadese.

 Nei giorni precedenti si era verificato un altro fenomeno piuttosto comune: lo “sfollamento” dei civili verso i paesi interni per timore del nemico. I miei raggiunsero a Chiaravalle mio nonno Ulderico, che, capitano cpl anziano, era stato trasferito vicino casa: dopo Libia 1911-2, Grande guerra tra gli Arditi, Seconda mondiale a Pordenone, poi Laghi Silani. Finite le operazioni militari, tutti tornarono a casa.

 Anche dei combattenti soveratesi sarebbe interessante parlare, e forse lo faremo.

 Buona passeggiata nel Giardino Botanico, dunque, con un’occhiata alla storia.

Ulderico Nisticò