Chi assiste a uno spettacolo teatrale e cinematografico, esprime un suo giudizio, approvando o evidenziando eventuali riserve; e mi pare normale, altrimenti non esisterebbero critica letteraria, artistica, musicale, teatrale, cinematografica, televisiva, e nemmeno sportiva, e nessuna altra forma di recensione.
Il film su Gioacchino, in quanto film, mi è così piaciuto da stupirmi fosse troppo breve rispetto alla durata solita di una pellicola. Credo di aver usato, nella mia critica, un tono di normale esposizione, e tale che non spieghi una replica piccata con frasi quali “istinto” e provincialismo e invettive approssimative e altri sottintesi arbitrari.
Ripeto che la parola Calabria è assente. Avrei gradito sentirla pronunziare; e non leggere solo i titoli di coda, cui notoriamente lo spettatore non presta alcuna attenzione, anzi usualmente se ne va prima che scorrano; se non si ferma apposta, come ho fatto io. Si legge “calabrese” nella ben nota citazione dantesca. Neve e foreste, ripeto, possono essere di dovunque.
L’abbazia di San Giovanni in Fiore, senza sottilizzare sulle date di completamento, è quanto di meglio e di più evidente resta della memoria di Gioacchino, e non c’era nulla di male a mostrarla: anche il Duomo di Milano è stato portato a termine nell’Ottocento. Corazzo è vittima di terremoti e spoliazioni, e pazienza se non si fanno vedere i pur imponenti ruderi. Sono scelte di regia, che lo spettatore può condividere o meno.
Da calabrese, e buon conoscitore della storia regionale, mi aspettavo altro, e di giovare all’immagine della Calabria, che è di quattromila e più anni di variegata vicenda. Per esempio, Gioacchino è totalmente latino, in una Calabria che ancora e per altro tempo era in buona parte di cultura greca romea, e in alcune aree anche di lingua.
Sarebbe stato fuori posto, nel mio rapido intervento, esporre il pensiero gioachimita, per altro complesso, e la cui analisi richiederebbe da chi legge la conoscenza delle dispute trinitarie fin dalle origini del cristianesimo. Né credo di aver “banalizzato”, facendo appello agli echi di Gioacchino nella Commedia, che sono assai più intriseci di averlo posto in Paradiso, bensì s’individuano nello schema triadico del Poema, nelle immagini simboliche e nella qualifica di profeta, non solo detto in generale, ma forse riferita alle profezie, anche terrene, attribuite a Gioacchino, e che l’Alighieri riconosce; mentre non lo fa, per dirne una, san Tommaso d’Aquino, ammettendo solo “sana congettura di mente”, cioè una lettura intelligente dei fatti, come quando dicono Gioacchino, per altro in numerosa e qualificata compagnia della Curia di Roma e della nobiltà del Regno, opponesse obiezioni al matrimonio di Costanza con Enrico in quanto foriero, come poi fu, di sventure…
Potevo, e l’ho fatto in diverse altre occasioni, inserire Gioacchino nell’antichissima scia degli utopisti della storia del pensiero calabrese, dagli orfici ai pitagorici, e dopo di lui al Campanella… Forse c’è qualcosa di Gioacchino negli schemi ternari del Vico e di Hegel; nelle intuizioni di Colombo; e certo in notizie pervenute tra curiose cronache recenti come l’uso fattone da Obama nella campagna elettorale del 2009. Vero che in Calabria allora non se ne accorse nessuno.
Resto infine perplesso quali valori spirituali e culturali si nascondano dietro due estemporanee scene di sanguinanti torture sulle spalle di un povero tizio non meglio circostanziato: un tantino di luoghi comuni sul Medioevo à la page?
Queste, e le altre osservazioni da me elencate, sono legittime; anzi mi compiaccio che qualcuno abbia polemizzato, invece di lasciar cadere tutto nel vuoto come spesso succede. È così che si alimenta un dibattito culturale, anche quando i toni sono un poco accesi. Bisogna essere disposti alle obiezioni, quando si pubblica un libro o altro.
Che il film faccia conoscere Gioacchino, ne sono lieto; che abbia successo, mi congratulo; e ripeto che, in quanto film, l’ho apprezzato anch’io. Andrebbe proiettato nelle scuole calabresi, però con un poco di quadro storico sul XII secolo in Europa e nel Meridione d’Italia e Calabria, e di commento.
E se divenisse l’inizio di quello che al cinema si chiama filone, ci sono tantissimi argomenti calabresi importanti e intensi, per trarne ispirazione: magnogreci, romani, romei, medioevali, briganteschi…; e di grandi figure.
Ulderico Nisticò
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