Caro Tito, mi ha dato enorme gioia leggere il libro del dottore badolatese Giuseppe Brancia, intitolato assai significativamente “ Dottore … curriti!” (Raccolta di ricordi professionali … e non!), stampato dalla tipografia “Co.Gi. Graf.” di Giuseppe Cossari in Soverato (CZ) qualche anno fa (nel volumetto non figura alcuna data). Così come tanta gioia ho avuto nel sapere che Giuseppe Brancia, caro amico da sempre e vicino di ruga, sia diventato nonno di Diletta (qui nella foto). Ed essere nonno per la prima volta è uno dei più grandi ed esaltanti momenti felici nella vita di un uomo!
1 – DOTTORE … CURRITI !
“Dottore … curriti!” era l’espressione tipica di quando, dalle nostre parti, qualche decennio fa si chiama il medico per un improvviso pericolo di salute che è o sembra grave. E’ simile, anche se di significato diverso, al titolo dialettale che la piemontese Chiara Sasso ha dato nel 2009 al suo tanto da me stimato libro “Trasìte, favorìte” (Grandi storie di piccoli paesi – Riace e gli altri) che accenna pure al borgo di Badolato.
In 80 pagine e in 20 episodi emblematici, Giuseppe Brancia racconta la sua vita di medico di famiglia e di Pronto Soccorso che si è svolta nella sua amatissima Badolato e al nuovo ospedale “Pugliese” di Catanzaro per parecchi anni, fin da sùbito dopo la laurea conseguita brillantemente nel 1971 all’Università di Roma (oggi “la Sapienza”). La Presentazioneal volumetto è pregio della sempre arguta penna del prof. Vincenzo Squillacioti, cofondatore ed animatore della locale associazione culturale “La Radice” e direttore fin dal 1994 dell’omonima rivista periodica che raggiunge ovunque nel mondo i badolatesi emigrati e gli amici di Badolato. Benché non firmato, il simpatico disegno della copertina non può che essere di Graziella Caporale, moglie dell’Autore e grande artista, figlia d’arte del prestigioso papà Nicola Caporale (1906-1994).
Ma qualche episodio è riferito pure alla sfera personale e familiare, come quando narra della morte del papà Ercole Francesco, avvenuta il 20 giugno 1976 … proprio mentre in Calabria si esultava per il ritorno in serie A della squadra di calcio del Catanzaro. Oppure come quando commemora la prematura morte di un amico carissimo a tutta Badolato, quel Vincenzo Carnuccio (detto “Garomppalu” – garofano) che tanto dolore ha lasciato nella cittadinanza ma anche altrove per quanto bravo fosse questo giovane professionista di grande stile e di perfetta umanità. Ci commuove profondamente ancora adesso.
Lo ricordo pure io con affetto non soltanto per l’antica amicizia tra noi due e le nostre famiglie ma anche per l’ultima volta che l’ho visto. Infatti, all’indomani, domenica 1 settembre 1974 Vincenzo Carnuccio, nella sua qualità di stimatissimo e mite segretario della locale Sezione della Democrazia Cristiana, avrebbe dovuto tenere una conferenza sul futuro del nostro paese al Lido Delfino, quartiere generale dell’Agosto Universitario da me fondato e condotto fin dall’estate 1971. L’ultimo sorriso e l’ultima stretta di mano che ricordo di lui sono stati proprio quelli ricevuti nel darci appuntamento a questo incontro programmato per la gioventù di Badolato e dintorni.
E Giuseppe Brancia non poteva concludere la sua rassegna con uno commovente e “deamicisiano” ricordo da libro “Cuore” evidenziato in “Quanta nostalgia!”. In questa reminiscenza ripropone il testo di un articolo che(già apparso nel trimestrale “La Radice” del 31 dicembre 2009) commenta una foto dell’indimenticato e meritevole Giocondo Rudi che lo ritrae mentre alla lavagna della classe seconda elementaredel 1951 scriveva la frase “Il lavoro è ricchezza ed è salute” sotto gli amorevoli occhi dell’ottimo insegnante Francesco Gallellidetto “il Fiduciario”uno dei più ricorrenti simboli di una generazione epica di bravissimi Maestri di Scuola.
2 – LA DEDICA
Alla pagina 7 del libro campeggia la seguente dedica: “A mio padre, per noi figli, maestro ed esempio di vita”. Ed in effetti, suo padre “don Ciccio” era uno di quei giganti del nostro Sud che, avendo famiglie numerose, si sobbarcava indicibili sacrifici pur di portare avanti la famiglia. Nel suo caso composta da ben 7 figli: Vincenzo, Lina, Giuseppe (l’Autore del libro), Domenico, Francesca, Ada e Gregorio. E a tutti è riuscito a dare un diploma o una laurea, con il semplice stipendio di impiegato esattoriale. Impresa che è riuscita a pochissime famiglie similari in Badolato e dintorni. Un merito ed un peso che ha condiviso brillantemente con la moglie Teresa ovvero una di quelle mamme che, nei nostri paesi disagiati, hanno fatto miracoli per tenere in dignità e con ottimi risultati una“famiglia perbene”.
Posso testimoniarlo io che, oltre ad essere vicino di casa, sono stato e continuo ad essere amico di tutti loro, in particolare di Domenico (detto Mimì) con il quale, essendo più vicini in età, ho trascorso un’adolescenza di intensa amicizia … di quelle che “ci dividevamo tutto” come si dice dalle nostre parti.
Inoltre sono assai lieto ed onorato di avere partecipato all’evento del conseguimento della laurea del dottore Giuseppe Brancia, all’Università di Roma, e di aver partecipato poi ai seguenti vari momenti di festa. Come medico mi è stato assai utile in numerose occasioni e si è preso cura pure della mia famiglia, in particolare di mia madre che aveva più frequenti problemi di salute.
3 – UN DOCUMENTO ANTROPOLOGICO E SOCIOLOGICO
Questa godibilissima (e, a volte, divertente, ma anche dolorosa) raccolta di ricordi è scritta molto bene e in modo breve, asciutto ed efficace come nel migliore stile di vita dell’Autore. Il quale mostra una raffinatezza appresa, in gioventù, frequentando il Liceo Classico “Galluppi” a Catanzaro Città.Le descrizioni sono tipiche di un medico che è al completo servizio, giorno e notte, della gente. Fin dai primi anni 70. Al Pronto Soccorso del nuovo Ospedale Pugliese di Catanzaro così come medico di famiglia nella comunità di Badolato, a quel tempo curata da altri due medici di base, i dottori Giuseppe Scuteri e Vincenzo Peltrone.
Il libro di Giuseppe Brancia (detto Pepé come ci ricorda firmando l’ultima pagina) è, a mio parere, anche un documento antropologico e sociologico della comunità di Badolato negli anni 70-80 del 20° secolo appena trascorso. Adesso, nel chiamare un medico (quello di famiglia oppure quello della Guardia Medica o anche quello del soccorso 118) non si usa più la formula “Dottori … curriti” (come annota il prof. Squillacioti nella Presentazione alla pagina 3). Sono cambiati i tempi e le maniere. Col passare dei decenni, l’approccio è divenuto più formale e, direi, quasi “cittadino” o, comunque, omologato dai mezzi di comunicazione di massa, prima tra tutti la televisione e, adesso, pure dai cosiddetti “social” via internet.
E come correva il dottore Brancia ovunque venisse chiamato, sia al tortuoso borgo collinare o nella più agevole Marina?… Con una piccola automobile blu (una Fiat 500 decapottabile) che si poteva infilare più facilmente nei vicoli per raggiungere le case dei suoi assistiti. Quando lo si vedeva con quella simpatica e curiosa automobilina allora si capiva che “il dottore” era in servizio.
Nel sesto episodio “Mini Minor 1001” (alla pagina 21) racconta di un altro tipo di automobile. Sembra una barzelletta sui Carabinieri, ma pure questa narrazione ha dell’antropologico e del sociologico nel suo significato finale. Così come la stessa figura del medico, che deve apparire ed essere distinto nel portamento, elegante nel vestire, gentile nei modi e negli atteggiamenti. Una persona in tutto e per tutto “etica”e, possibilmente, gioviale, sorridente, disponibile e vicina alla gente come un vero e sincero amico. Fidato e lungimirante.
In verità, il dottore Brancia (anche quando era “Pepé” per tutti) aveva fin da adolescente una personalità tutta sua, aiutata in questo anche dal fatto di essere un bel ragazzo, dotato fin da giovane di un carisma, una comunicativa ed un rapportarsi agli altri che lo rendevano simpatico e amico di tutti. Sempre distinto e sorridente, alla portata di mano. Come Graziella Caporale, la donna della sua vita fin da quando erano quasi … in fasce! Una Graziella che mi ricorda la dedizione coniugale e familiare della mitica madre Franca Cùppari che ha vissuto una bella e grande storia d’amore con il marito-scrittore-artista Nicola Caporale.
4 – LA GRANDE E BELLA STORIA D’AMORE
Si è soliti dire che dietro o accanto ad un grande uomo o ad un uomo di successo c’è sempre una grande donna. Specialmente quando questa donna resta nell’ombra non per tramate ma per sorreggere come soltanto le donne sanno fare per l’uomo che amano e per la propria famiglia. Tale è, appunto, la moglie del dottore Brancia, quella Graziella Caporale che l’accompagna fin dai primissimi aneliti del cuore. Che meraviglia e che rarità!
Lo può ben dire ed affermare chi, come me, ha visto nascere e svilupparsi nel tempo questo amore, grande e bello a tal punto da vivere l’un per l’altra e viceversa. Nel caso della signora Graziella fino al punto di ridimensionare enormemente la sua vocazione artistica soltanto all’aspetto amatoriale quando invece aveva e possiede ancora immense doti e capacità per un’affermazione di successo anche internazionale. Un uomo fortunato PepéBrancia nell’avere una donna così totalmente e silenziosamente devota. Ma forse il vero amore è proprio questo!Chissa?… Sta di fatto che, insieme Pepé e Graziella, così fortemente innamorati ed uniti, hanno formato una davvero tanto bella famiglia con i loro tre splendidi figli, adesso arricchita dalla piccola Diletta. Mentre è forte la voglia di altri eredi dai grandi valori tipici della stirpe.
Non conosco nessuno dei tre figli, ma posso immaginare che con questi due genitori non possono che essere all’altezza del loro stile umano, personale e sociale. Ritengo che qualcuno possa e debba raccontare la grande e bella storia d’amore tra Pepé e Graziella. In questa “Lettera n. 289” mi sembra giusto e opportuno inserire ed evidenziare qualche disegno firmato da Graziella Caporale, pure per dare un’idea dei temi e dello stile artistico che la animano. Così come il papà Nicola, pure Graziella “canta” e descrive prevalentemente il nostro semplice e piccolo “mondo antico” delle persone e dei luoghi.
Forse non poteva essere diversamente come figlia d’arte ad un padre di enorme spessore come scrittore e pittore. Graziella gli somiglia pure nell’umiltà artistica, nel senso che non ha mai voluto mettere in mostra la propria notevole arte, se non per qualche manifestazione di beneficienza. Almeno tre decenni fa, in uno di questi eventi che ha avuto luogo negli ex-magazzini baronali della villa al mare del barone Paparo, in Badolato Marina, ho acquistato un suo struggente disegno (una donna da sola che sogna ed aspetta sull’uscio di casa, forse un sospirato amore lontano). Un quadro che ho sempre davanti agli occhi quando sono al mio tavolo di lavoro nella mansarda-studio della casa coniugale di Agnone del Molise. Lo “struggimento” è uno dei maggiori e più efficaci fili conduttori descrittivi di Graziella Caporale che meriterebbe un libro a parte per evidenziarne tecniche, temi e valori della sua mirabilissima Arte.
5 – LA FAMIGLIA DI UN MEDICO
Giuramento di Ippocrate o no, l’attività del medico è, in sostanza, una missione. E non può essere diversamente quando si tratta della salute delle persone e di un’intera comunità. Non è in regola chi si discosta da questa dimensione naturale, specialmente se lo fa per denaro, per potere o altre finalità anti-etiche. Con la salute e la pelle della gente non si scherza!… Ma, poiché i medici (e le altre figure socio-sanitarie) sono persone umane con pregi e difetti … ancora di più bisogna ammirare, rispettare e gratificare coloro i quali si mantengono non solo retti e corretti, ma raggiungono picchi di epiche eroicità (come dimostrato nell’ancora presente caso del Covid-19) anche se non vogliono essere considerati “eroi”. Ma, quando necessita, basta essere veri e seri professionisti per essere automaticamente eroi.
Cosa c’è dietro a quel “Dottore … curriti”?… Lo si può immaginare. Però alcuni non lo immaginano o non lo capiscono (in buona o cattiva fede), per cui approfittano della disponibilità ad accorrere del medico anche per situazioni poco significanti. E’ben riportato nelle descrizioni del libro. Ma, si sa, la salute è anche una percezione soggettiva! E, spesso, il vero “paziente” sociale non è il sofferente o presunto tale ma proprio e paradossalmente il medico e la sua famiglia.
E sì!… Pure il medico ha una famiglia che sovente viene sacrificata davvero tanto da situazioni ed orari che, legati alla professione-missione, superano spesso persino i limiti della tollerabilità. Quasi che – si direbbe – quasi quasi non dovrebbe avere una famiglia chi fa una professione socio-sanitaria di forte impegno ed impatto professionale sulla famiglia. Come sacerdoti (laici) quali sono e missionari, forse dovrebbero anteporre il culto della salute del genere umano alle proprie esigenze personali e familiari. Chissà?!…
Ne so qualcosa pure io che come marito di un medico e come funzionario amministrativo di Azienda Sanitaria Locale ne ho vissuto e viste di tutti i colori. Tanto che pure io potrei scrivere una raccolta di episodi legati a questa delicata professione, vissuti direttamente, di riflesso o osservati dentro e fuori un ospedale. La salute personale e pubblica è quanto di più delicato e importante ci sia al mondo!…
Quando ero bibliotecario comunale a Badolato ero sul punto di realizzare una festa per le famiglie e, in particolare, per i coniugi (specialmente mogli) delle persone che avevano un forte impegno con il pubblico (medici, amministratori, ecc.) soggetti pure loro a sacrificare le famiglie o a ricevere telefonate di soccorso nelle ore più impensate del giorno o della notte. Mi sembrava giusto riconoscere pure il sacrificio delle famiglie in questa missione di essere “persona a disposizione del pubblico”. La riconoscenza è un obbligo etico ed una virtù lungimirante.
6 – LA RICONOSCENZA SOCIALE
Specialmente nei nostri paesi, per un medico o altra figura pubblica, la gratificazione e la riconoscenza morale proviene generalmente e soltanto (se e quando) a livelli personali. Vale a dire, nell’imminenza del Natale, della Pasqua o dell’onomastico con piccoli doni in natura o una banconota. Però, molto spesso, non c’è una riconoscenza istituzionale o sociale. Ad esempio, quando un medico va in pensione, specie se di famiglia od ospedaliero, gli assistiti nel loro insieme o il sindaco o il responsabile della Sanità pubblica non organizzano quasi mai una pur piccola cerimonia di saluto e di gratitudine, nemmeno con una semplice stretta di mano, una targa o una pergamena. Ormai i sindaci non si scomodano più – ho notato – nemmeno per festeggiare i centenari!
Così, in Agnone del Molise (cittadina dove risiedo), ho sollecitato io le Autorità a gratificare con un saluto pubblico non soltanto chi va in pensione ma anche chi, neo-assunto o neo-imprenditore, ha cominciato una vita di lavoro. Ci sono riuscito nel realizzare ciò per due anni, poi i responsabili delle Istituzioni (Comune e Azienda Sanitaria) si sono stancati! Non hanno capito le motivazioni anche se i festeggiati avevano gradito, con molto significato pure nelle semplicità della cerimonia e dell’evento. Invece, tutti indistintamente tutti i lavoratori andrebbero salutati, almeno a fine percorso, poiché tutti (chi più chi meno) hanno svolto un lavoro sociale ed hanno così contribuito al bene comune. Una società ha obblighi imprescindibili ed ineludibili. Chi se ne discosta è un pigro o un insensibile. E comunque non si attiene ai propri doveri e responsabilità istituzionali. La discrezionalità amministrativa è una comoda ma non etica scappatoia!
A parte ciò, ritengo che ogni comunità dovrebbe avere e celebrare la GIORNATA DELLA RICONOSCENZA verso quei componenti che hanno contribuito al benessere e al buon nome del proprio paese. Non so se il dottore Giuseppe Brancia abbia o no ricevuto un saluto ufficiale ed istituzionale quando è andato in pensione come medico. Che l’abbia avuto o no, questa “Lettera n. 289” intende essere un attestato di riconoscenza e di gratitudine a tutti gli effetti ed affetti. Come la “rosa di Maroncelli” (1795-1846) nella prigione dello Spielberg austroungarico di risorgimentale e storica memoria! Ricordi? …
7 – IL GRANDE AMORE PER BADOLATO
Il dottore Giuseppe Brancia ed io condividiamo un grande amore per Badolato. Egli, appena laureato medico, pur di stare ed esercitare la professione nel nostro paese, ha rinunciato alla carriera universitaria o ad un posto ben remunerato in Piemonte. Personalmente, ho scelto studi, mi sono preparato esclusivamente per dare tutto me stesso a Badolato. E, nonostante infinite difficoltà pubbliche e private,sono riuscito a realizzare un’infinità di iniziative a favore di questo mio paese, non ultima la vicenda del “paese in vendita” (per salvarlo da spopolamento e degrado) tuttora largamente imitata in Italia e all’estero per i borghi in via di estinzione, mentre per Badolato ha significato l’inizio di una qualche rivitalizzazione dopo aver svegliato (per primo ed in tempi non sospetti) cultura, coscienze ed economia.
Sta di fatto, però, che io sono in esilio dal primo novembre 1988 e, più o meno nel medesimo periodo, il dottore Brancia ha preferito trasferire famiglia e professione medica in Lombardia. Con una differenza: egli, una volta andato in pensione, è tornato con la moglie a Badolato, nonostante il resto della famiglia continui a vivere in Padania … mentre io è dal 21 dicembre 2012 che non ci torno più. Come mai? Ci sarebbe da riflettere!
Ricordo che, il 3 aprile 2010attorno alle ore 13, io e l’amico PepèBrancia ci siamo rivisti dopo parecchi anni alla chiesa dell’Immacolata di Badolato Superiore per partecipare alla processione del Sabato Santo (ovvero la grandiosa e fervente Via Crucis Vivente). Abbiamo percorso insieme, dialogando serenamente, il tratto Immacolata – Convento (circa 4 km di salite e discese) parlando continuamente di Badolato, che avremmo voluto risplendente come e più del sole.
In particolare, ho ancora ben presente nella mente che ci siamo soffermati sul belvedere del Girone per ammirare il panorama verso la nostra Marina, restando ancora e sempre estasiati da quella bellezza e dall’inimitabile soavità del nostro territorio amenissimo tra mare-colline-monti. Sembrava che ognuno di noi non ne potesse fare a meno. Non vedo l’amico dottore PepèBrancia proprio da quel magico pomeriggio ricco di amenità paesaggistiche e di magnifiche tradizioni popolari.
8 – INTITOLAZIONI AI MEDICI TROPEANO
Caro Tito, ho girato un’infinità di borghi e cittadine ma non ho visto statue o piazze intitolate a medici, ad eccezione di Civitanova del Sannio, il piccolo borgo molisano (sito a pochi km da Agnone dove abito) dove è nato il grande Antonio Cardarelli (1831-1927), luminare della medicina napoletana e italiana cui sono dedicati ospedali, vie, piazze e tanto altro.
Badolato ha finora celebrato soltanto due suoi medici, i fratelli Antonio (1865-1949) e Giuseppe Tropeano (1881-1952), zii del senatorecomunista Luigi Tropeano (1920-1987). Ad Antonio Tropeano, sùbito dopo la morte, il Comune ha dedicato un monumento in Piazza Fosso, primo biglietto da visita per chi giunge dalla Marina. E in Marina gli è stata intitolata poi pure la piazza più grande del nuovo paese, quella antistante alla chiesa e all’edificio della delegazione municipale e della ex-pretura.Tutto ciò per sottolineare come e quanto fosse stato amato dal popolo badolatese come medico e come umanista.
A Giuseppe Tropeano, un anno fa (aprile 2019), il Comune di Badolato ha intitolato una Via in un nuovo quartiere della Marina. Mentre a Napoli nell’importante e signorile quartiere Vomero c’è da molto tempo una lunga Via a lui dedicata. Ed è stato poco per ricordare uno dei clinici più famosi del suo tempo, ancora più benefico e socialmente significativo persino del suo contemporaneo Giuseppe Moscati, proclamato “santo” dalla Chiesa perché cattolico, mentre Giuseppe Tropeano era socialista. Discriminazioni d’epoca!
Alla Città di Napoli corre l’obbligo di rivalutare e valorizzare la figura e l’Opera di Giuseppe Tropeano di cui qui sarebbe troppo lungo il solo elencare ciò che ha realizzato e che lo ha reso noto in tutto il mondo in campo scientifico-umanitario.
9 – BADOLATO PAESE DELLA SALUTE?
Perché c’è proprio a Badolato il culto antichissimo della Madonna Sanità?E’ forse un caso che il riferimento alla salute sia così espresso nel santuario rupestre di mille anni fa e nei medici Antonio e Giuseppe Tropeano? … Probabilmente, una riflessione in più e più approfondita ci porterebbe a risposte più convincenti e, quindi, ad azioni più aderenti al significato e alla realtà territoriale.
Ma ci porterebbe anche e soprattutto a realizzare Opere di lenimento della sofferenza e/o di ricerca scientifica, specie se sulle orme di Giuseppe Tropeano, orgoglio e vanto di Badolato e della Calabria. E la Regione Calabria dovrebbe impegnarsi, in prima persona e da protagonista, nella valorizzazione di questo suo illustrissimo figlio che era quasi del tutto sconosciuto, se non per un breve articolo su LA RADICE di Antonio Gesualdo e per il mio attivismo divulgativo (fin dal 2009) non soltanto del libro di Luigi Verolino di Napoli – Ponticelli (autore da me contattato telefonicamente). Ed è stato per tale attivismo se siamo giunti all’intitolazione della Via, per approvazione del sindaco Gerardo Mannello e della sua Amministrazione su sapiente segnalazione del prof. Vincenzo Squillacioti, animatore dell’associazione “La Radice”.
10 – I MEDICI SCRITTORI
Caro Tito, la natura della particolarissima missione (così vicina al dolore delle sofferenze e del morire, ma anche alla gioia delle guarigioni e della vita), abbinata alla sensibilità delle persone, ha portato numerosi medici a diventare scrittori. Così nel 1951 è nata la AMSI (Associazione Medici Scrittori Italiani) aderente all’Unione Mondiale Medici Scrittori (UMMS). Tra le tante iniziative, i medici italiani pubblicano la propria rivista letteraria LA SERPE (tre numeri annui) che può essere scaricata dal sito www.mediciscrittori.it in modo del tutto gratuito.
Tra i medici-scrittori più noti anche a livello internazionale, vorrei qui ricordare Archibald Joseph Cronin (1896 – 1981) il medico scozzese che ha prodotto quasi 30 opere d narrativa, quasi tutte tradotte in film. Tra i medici scrittori che ho conosciuto più direttamente, qui vorrei ricordare Sergio Emanuele Labanca (1925 – 1996) di Agnone del Molise e Antonino Picciano di Campochiaro – CB – (19 gennaio 1955) con cui collaboro culturalmente fin dal 1995.
Vorrei, infine, ricordare doverosamente l’ostetrica (in dialetto detta “mammàna”) Teresa PirròSerrao (Petrizzi 1913 – Badolato 2007) la quale dal 1955 ha sostenuto tantissime mamme a portare avanti bene le gravidanze e a dare alla luce i propri figli nel modo migliore possibile in Badolato dal 1955 fino agli anni settanta. Pure la figura sanitaria dell’ostetrica è stata essenziale ed indispensabile per una qualsiasi comunità, specialmente quando non c’erano ancora, così bene organizzati, i moderni reparti ospedalieri di ostetricia e ginecologia oppure gli studi privati di ginecologia.
11 – SALUTISSIMI
Caro Tito, spero che, da oggi in poi, il medico-scrittore Giuseppe Brancia sia maggiormente conosciuto non soltanto tra i nostri Lettori ma anche per un veloce passaparola che costoro vorranno fare tra tutti i loro contatti “social”. Spero altresì di poter tornare a scrivere su altre opere che il dottore Brancia vorrà dare alle stampe.
Intanto, con spirito di ottimismo e di lungimiranza, ammiriamo questa foto di incantevole “alba jonica sul mare di Davoli” realizzata (alle ore legali 05.29 di domenica 21 giugno 2020) dal medico-odontoiatra Domenico Rovito (nipote, tra l’altro, del medico-odontoiatra Giuseppe Brancia). Una immagine che ha lasciato a bocca aperta tutti coloro a cui l’ho inviata, in Italia e all’estero.
Allora, alla prossima “Lettera n. 290” (che prevede le “orchidee di Calabria”) sempre ringraziandoti della preziosissima opportunità web. Cari saluti anche in famiglia e ai nostri Lettori, specialmente a quelli a noi più affezionati. La sopravvivenza del mondo si basa in gran parte sugli affezionati. A presto!
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it) (le foto mi sono state fornite dai coniugi Giuseppe Brancia e Graziella Caporale o, altrimenti, sono state prese dal web).
QUI LEGGERE O SCARICARE – LIBRO SU GIUSEPPE TROPEANO