L’8 maggio un tribunale italiano, cioè la stessa sezione della Cassazione, ha detto una cosa, il 30 maggio lo stesso identico tribunale, e la stessa sezione, hanno detto il contrario.
L’argomento sono clandestini e Albania, ma non è questo che ora mi preoccupa; è che io, e anche voi, gentili lettori, ognuno di noi può incappare in un tribunale che l’8 dice una cosa e il 30 il contrario.
Ora, amici, volete sapere come la penso, e cosa mi inquieta? Che la Cassazione ha perfettamente ragione sia l’8 sia il 30 e con entrambe le posizioni così palesemente contraddittorie; sicuramente per la decisione dell’8 ci dev’essere, da qualche parte, una legge una leggina una convenzione una carta qualsiasi, che spiega l’8, mentre ci sono carte e convenzioni e leggine e leggi che spiegano il 30. Insomma, giustizia d’Arlecchino, e, per un imputato, a tombola.
Intanto qualcuno, in parlamento, scopre l’acqua calda e l’uovo sodo: il Codice Rocco. Ebbene, il Codice Penale attualmente in vigore è davvero datato 19 ottobre 1930 (VII), e firmato da Vittorio Emanuele III re d’Italia, dal guardasigilli Alfredo Rocco e dal capo del governo B. M. V’informo altresì che il Codice Civile porta la data del 16 marzo 1942 (XX), ed è firmato dal guardasigilli Dino Grandi, dal capo del governo, sempre B. M., e da Vittorio Emanuele III, stavolta nella veste di “re d’Italia e d’Albania e imperatore d’Etiopia”. C’è sempre un’Albania, nella storia d’Italia!
Attenti alle date: siamo in pienissima era monarchica, anzi pure imperiale, e pienissimo regime fascista. Se in ottantadue anni dal 25 luglio 1943 non sono riusciti a scrivere due codici non fascisti, peggio per loro, e si tengano quelli che ci sono.
So bene che il Codice Penale e il Civile hanno subito modifiche; ma è proprio questo che non mi sta bene, e che aumenta la mia impressione di toppe arlecchinesche. Per esempio, il Penale del 1930, tuttora in vigore, è stato concepito per il rito inquisitorio, mentre quello di Procedura, del 1988 è per il rito accusatorio; eppure convivono. Le modifiche dei Codici sono avvenute, del resto, estemporaneamente, e senza un’idea organica e unica.
Non basta dunque la riforma dei giudici, pur necessaria e urgente; urgono Codici nuovi, e scritti da una categoria umana che oggi, mi pare, è rara e scomparsa: i giurisperiti (iuris periti: esperti di diritto, filosofi del diritto), che siano rivestiti di autorevolezza; e tutti gli altri – giudici e avvocati – si adeguino, a scanso di sentenze fantasiose e ideologiche e casuali secondo le date. Altrimenti, aspettatevi una sentenza l’8 e una il 30 dell’identico mese di maggio per l’identica fattispecie!
Ulderico Nisticò