Guerra: come spostare il problema al giorno di poi


fronte_guerra_libia Non mi sono spiegato bene, direbbero le persone educate; e mi spiego meglio. Io non ho chiesto, con un precedente pezzo, la guerra santa, la guerra eroica, la Guerra punica, la Guerra del gesso, la Guerra gotica, la guerra in genere: io ho proposto di fare oggi, nel 2015, una guerra precisa e concreta all’ISIS e roba del genere, e con altrettanto precisi termini politici e geografici, ovvero geopolitici. Attaccare il califfato della Libia e il califfato della Siria, e tutto questo presto e bene, cioè con operazioni radicali.  Non spostiamo il problema al fatto che gli eroi germanici, se defunti in battaglia, venivano portati dalla Walkirie nel Valalla; e se non morivano con le armi in mano, niente premio eterno. So benissimo che ci furono anche la Guerra delle due rose, la Guerra della Lega Santa, le guerre napoleoniche, la Prima e la Seconda guerra mondiale… Conosco bene l’etica dei guerrieri antichi, mi è notissima per ragioni professionali la Guerra di Troia con quel che ne seguì, ma non sto parlando di quant’è bella la guerra ma scomoda secondo Mario Soldati, e non cito Bolivar con il suo “la guerra es la verdadera vida de l’hombre”; né sto a lamentarmi che le circostanze anagrafiche mi abbiano condotto sì a fare il militare di leva ma non la guerra, esperienza che mi manca e mi spiace, e ormai non mi richiamano più: sono infatti emeritus anche l’esercito romano, ultrasessantacinquenne.

 Soprattutto, non spostiamo il problema ai millenni futuri. Io voglio la guerra al terrorismo, e subito, soprattutto a quello libico che sta di fronte a noi; ma anche a quei tagliagole che stanno assalendo lo Stato siriano e devastando Palmira e la storia romana in Asia. Una cosa circoscritta, veloce, risolutiva. Chi ne ha voglia, componga pure un poema epico: io sto parlando di politica, e perciò di guerra, che, come scrisse Clausewtiz, è la continuazione della politica con altri mezzi.

 Perché voglio una guerra e non operazioni diverse? Per ragioni procedurali: non si devono infatti colpire i singoli terroristi, e magari processarli con rinvio in Cassazione… Si tratta di colpire il califfato tutto assieme, e perciò anche i suoi singoli combattenti o roba del genere. Esempio: nel 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria: da quel momento, tutti i soldati austriaci e ungheresi dovevano essere colpiti da tutti i soldati italiani, e viceversa; e mica è successo che ogni austriaco o magiaro venisse arrestato e processato, ma solo fatto bersaglio in quanto nemico.

 Deduzione: se noi dichiariamo guerra al califfato libico e a quello siriano, tutti i sudditi del califfo diventano nemici che ogni soldato italiano (e, si spera, alleato dell’Italia) non “può” ma “deve” colpire; e se uno di loro si trova in Italia per compiere un attentato, non “può” ma “deve” venire fucilato per aver violato le leggi di guerra. Ecco perché voglio una regolare guerra e non quelle cose strane del linguaggio giornalistico e politicamente corretto.

 Ma ce lo vieta l’art. 11 della costituzione; poco male, c’è sempre l’art. 52, il quale recita così: La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. E poi, à la guerre comme à la guerre, dicono sapidamente i Francesi.

 

Ulderico Nisticò


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *