I capponi universitari di Renzo


Berretto universitario 1968

Berretto universitario 1968

 Avete sentito parlare di feste goliardiche, di scontri tra opposte fazioni, di prese di posizione di studenti e professori universitari su qualsiasi cosa? No, almeno dagli anni 1980; e le università italiane sono esamifici e diplomifici. Magari hanno buona qualità di insegnamento, ma sono prive di ogni altra caratteristica di quelle che per secoli hanno portato gli studenti e i prof a partire volontari per le guerre e a fare sanguinosamente politica… e intrecciare tristi impossibili amori, e tutta una letteratura, parte della quale posso riferirvi solo in strettissimo privato. Niente, e quando finiscono le lezioni, attorno alle aule c’è il silenzio e buio.

 Lo stesso per le università calabresi. Esse sono tre statali, con varie appendici, e vari istituti privati; quasi la Calabria volesse colmare un vuoto che risulta già nel XVI secolo, quando chiese una “Accademia” e non la ottenne per quattro secoli.

 Anche le università calabresi, se le giudichiamo come didattica, sono di buon livello, con qualche eccellenza. Se invece cerchiamo tracce di una vita sociale, politica, goliardica, amorosa, e quant’altro, beh, mi è capitato di trovarmi sotto gli edifici della Magna Grecia dopo le 17, e mi sorse spontaneo il paragone con Copanello dopo il mese di agosto: silenzio e deserto.

 Le facoltà scientifiche ogni tanto producono qualcosa. Ma – parlo di ciò che mi riguarda – Legge sforna avvocati come se piovesse; Lettere Classiche è un discreto Liceo, e non dei miei tempi; più il trionfo delle non scienze. Sono non scienze l’antropologia e la sociologia eccetera, non in sé, bensì quando diventano opinioni a ruota libera e a chi la spara più vaga. Di successo, ovviamente, ma senza nessuna scientificità. E ci fu (ignoro se ci sia ancora) un insegnamento, giuro che è vero, di PEDAGOGIA DELLA R-ESISTENZA: e chiesi, e nessuno mai rispose, quale potesse essere il programma di una tale disciplina, e di cosa parlassero agli esami; e cosa mai nella vita potesse fare un laureato in R-ESISTENZA per conquistarsi il pane quotidiano.

 Ora tra Catanzaro e Cosenza è in atto il battibecco delle due Medicine: come i capponi di Renzo, che litigavano mentre venivano portati a divenire brodo per l’Azzeccagarbugli.

 Cose calabresi: se a Cardinale facessero una centrale atomica, subito la vorrebbero anche a Torre Ruggero; e così a Fontanesecca e Fontanapiena, se riaprissero certe attività chiuse (chiuse? ahahahahahah!) il 20 febbraio 1958. Quali? Studiate, visto che siamo in tema universitario.

 Ecco, io, se potessi, istituirei una Facoltà di Lettere a Catanzaro, per rispondere alla minaccia… ma no, alla già realtà di Medicina bis a Cosenza. Lettere, cioè italiano latino greco filologia storia… Greco vuol dire che uno deve saper distinguere ἔβη da ἐκρύβη, che paiono uguali e non lo sono; sapere, e non cavarsela con sproloqui sui veri, o quasi sempre immaginari “valori” della civiltà greca!

 Coraggio, impiantiamo Lettere. Come dicono a Parigi, à la guerre comme à la guerre; e anche: au gentilhomme, gentilhomme; au corsaire, corsaire et demi.

 Dove? Ma in qualsiasi palazzo abbandonato del vuoto centro di Catanzaro: magari la sera, come capitava a me, qualcuno andrà a mangiare un quarto di pizza di notte. Nel centro, senza innalzare un altro palazzone nel deserto.

Ulderico Nisticò