I papi al giudizio della storia, e papa Francesco


Il cardinale Lambertini, poi Benedetto XIV (1740-58), così disse, con la sua ben nota brillante ma profonda ironia: “Da prete ero certo della salvezza della mia anima; da vescovo ne dubitai; da papa, ne dispero”. Era una battutaccia come molte altre del prelato bolognese, ma voleva dire che la funzione di papa è molto più complessa di ogni ovvia semplificazione. Nessuno scordi che, oltre a vari dannati ecclesiastici e altre occasioni, Dante riempie di papi il canto XIX dell’Inferno, e disse cosa teologicamente esatta.

Il papa, infatti, è il Vicario di Cristo in terra e il Capo visibile della Chiesa Cattolica; ma è anche il Vescovo di Roma, e il Primate d’Italia; e, in termini mondani, il Capo di Stato della Città del Vaticano, sovrano assoluto. E ciò, di fatto e poi anche di diritto, almeno fin dall’Alto Medioevo; e in mezzo a vicende a volte travagliate, a volte gloriose; e in cui si sono intrecciate la religione e la politica, e numerose volte anche le armi.

Le armi? Senza Giovanni X del 915, al Garigliano ci sarebbero i Saraceni; senza san Pio V del 1571 l’Europa sarebbe in mano dei Turchi; senza il solenne “Non possumus” di Pio VI nel 1797, senza la difesa tutt’altro che simbolica di Roma di Pio IX nel 1870, senza i Patti Lateranensi del 1929 non ci sarebbe oggi nemmeno lo Stato indipendente della Chiesa. Per fare ciò, la Curia Pontificia ha dovuto esercitare la diplomazia e l’autorevolezza; e così senza Alessandro VI, il papa più criticato, non ci sarebbero stati quattro secoli di pace tra Spagna e Portogallo nelle Americhe. Criticato, il Borgia, è dire pochissimo; ma salvò dalla guerra due popoli.

Lo Stato della Chiesa in quanto entità politica è la libertas Ecclesiae, che fu ottenuta con la diplomazia, con alleanze, con le armi di Roberto Guiscardo per cacciare da Roma Enrico IV, e con le armi personalmente indossate da Giulio II. Senza l’indipendenza della Chiesa, i papi sarebbero solo il presidenti di una struttura burocratica come i “reverendi” delle sette protestanti, ben dotati di Bibbia e scarsissimi di metafisica, e sostanzialmente seguaci di Ario.

E qui volevo arrivare. Avete mai sentito nominare, o condannare, o lodare, o santificare, o maledire, o qualsiasi altra cosa, il sedicente arcivescovo di Canterbury degli Anglicani? Sappiamo a stento che ne esista uno, e se lo dev’essere scordato anche Carlo III, il quale ha auspicato “l’unità della Chiesa” mentre lui è il capo di una setta scismatica e in buona parte eretica, e comunque scomunicata fin dai tempi di Leone X. I sedicenti vescovi svedesi ebbero un momento di notorietà solo nei film di Bergman.

Ecco perché, trattandosi di un papa di Roma, è inevitabile che tanto più sia attivo, sia anche in qualche modo divisivo; e se ha avuto dei critici, e ne ha avuto, furono all’interno del cattolicesimo; e da parte di fedeli che non commuovono minimamente quando la Chiesa viene approvata dagli atei, anzi s’insospettiscono.

Però “Ecclesia semper reformanda”, e ogni riforma incontra opposizioni. Papa Bergoglio è stato anche divisivo, sebbene i giornali politicamente corretti (ed ecclesiasticamente corretti!) si siano impegnati a far passare sotto silenzio il dissenso, che invece vi assicuro esistere. Basta ricordare quando Francesco rilasciava non pesate interviste ma vaghe chiacchierate a Eugenio Scalfari, il quale una bella mattina andò in giro a spiattellare che, secondo lui, il Vicario di Cristo avrebbe dubitato della divinità del medesimo Cristo. Da allora, ovviamente e giustamente, Scalfari non fu invitato più in Vaticano; e nessun giornale lo fece notare, ma io me lo ricordo benissimo.

L’attenzione agli ultimi non è stata contestata da nessuno; però la Chiesa, nella sua storia, ha sempre prestato attenzione anche ai primi, pensando che, se bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, è meglio se Cesare è cristiano cattolico.

Donde la dialettica, spesso aspra, Chiesa/Stato che caratterizza la storia dell’Occidente dai tempi di Costantino. A proposito, non c’è pericolo di infiltrazioni marxiste, nell’attenzione ai poveri: per Marx i poveri sono disprezzato “sottoproletariato”, e nemici naturali dei proletari. Si tratta, al più, di pauperismo.

La cura del Creato, che è doverosa, non è stata ecologismo generico, come pure a volte apparve; e nemmeno negazione dell’attività umana, che è necessariamente una modificazione della Natura.

Più di un’uscita estemporanea e a braccio si è esposta a interpretazioni dei nostalgici di quando i Pontefici parlavano molto raramente, e in latino “ex cathedra Petri”; lingua, il latino, che ha il merito millenario di non creare mai confusioni, soprattutto se scritta! Da ex gesuita, Francesco lo sapeva.

E qui occorrono delle precisazioni, ignote, a quanto sento, a molti giornalisti. Bergoglio non è gesuita, ma lo è stato: l’appartenenza alla Compagnia di Gesù impone l’obbligo di assoluta obbedienza (“perinde ac cadaver”) ai superiori gesuiti, e solo gesuiti; il che rende incompatibile che un gesuita divenga parroco o vescovo: per una tale nomina, deve uscire dalla Compagnia.

Un’altra è chi elegge il papa. Per i credenti, è lo Spirito Santo; che tuttavia si serve delle menti umane. Dopo secoli di situazioni non poco caotiche, Ildebrando di Soana, poi papa Gregorio VII (1073-85), stabilì che il papa sarebbe stato eletto dal clero di Roma; e tuttora i cardinali, dovunque siano, sono titolari di una chiesa romana, e spesso così si fecero chiamare, come usa il Machiavelli “san Pietro ad vincula” per dire Giuliano della Rovere, poi Giulio II.

I cardinali saranno chiusi a chiave (cum-clavibus), e il Conclave avrà termine solo con la fumata bianca e l’accettazione dell’elezione, che potrebbe essere rifiutata; se accetta, ascolteremo “Adnuntio vobis gaudium magnum: Habemus papam, Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum X, Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Y, qui sibi nomen imposuit W”. X, Y e W? Intanto dilagano ipotesi e notizie; e qui non dimentichiamo che “chi entra papa esce cardinali. Dobbiamo attendere.

L’eletto assumerà un nome, quasi sempre seguito da un ordinale, come abbiamo scritto sopra di vari papi. La ragione è quella di evitare nomi propri poco consoni alla dignità pontificia. Abbiamo così diversi Giovanni, Benedetto, Gregorio, Leone, Pio, Urbano, Innocenzo, Clemente… Francesco è stata un’innovazione; ma anche l’Assisiate è stato sentito molto variamente, e leggete l’XI del Paradiso: “regalmente sua dura intenzione ad Innocenzo aperse”; regalmente.

Secondo le più o meno genuine profezie di Malachia, l’ultimo dei papi assumerà il nome, mai usato finora, di Pietro II. Come l’ultimo degli imperatori d’Occidente si chiamò Romolo; e l’ultimo d’Oriente, Costantino; e l’ultimo dei Savoia, Umberto… Le profezie, però, è raro che indovinino.

Ora non resta che aspettare di vedere cosa resterà di Giorgio Bergoglio, papa Francesco; e pregare per Lui e per noi.

Ulderico Nisticò