Il 25 novembre, non dovrebbe esistere


Eppure, dai dati ISTAT emerge che, nel periodo compreso tra marzo e giugno, il numero delle richieste d’aiuto, telefoniche e via chat, è aumentato, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del 119,6%, passando da 6956 a 15280 richieste. 15280 donne.

Ma anche fosse stata solo una, il problema sarebbe stato ugualmente grave.
Il 25 novembre, non dovrebbe esistere.
Eppure le richieste di aiuto via chat sono quintuplicate, passando da 417 messaggi a 2666 messaggi.
Il 25 novembre, non dovrebbe esistere.
Eppure, il 45.3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire.
Il 25 novembre, non dovrebbe esistere.
Eppure, nel 93,4% dei casi, la violenza si consuma tra le mura domestiche.
Il 25 novembre, non dovrebbe esistere.
Eppure, nel 64,1% dei casi, si riportano anche episodi di violenza assistita.
Il 25 novembre, non dovrebbe esistere.
Ma, continuamente, la nostra società sottolinea valorosamente le differenze di genere, veicolando messaggi di disuguaglianza, di discriminazione e di giustificazione della violenza.

Eppure, è necessario, ancora, ricordare, quanto atroce sia la violenza sulle donne, i suoi risvolti fisici, psicologici, sociali, relazionali…esistenziali.

Dobbiamo ricordare, ancora una volta, che la violenza non è solo fisica, sessuale, visibile, tangibile. Si nasconde anche sotto altre vesti, forse meno visibili, ma altrettanto spregevoli e subdole.

Violenza psicologica e/o economica.
Le vessazioni psicologiche, sfuggono più facilmente alle indagini ma, in realtà, costituiscono la parte più insidiosa del fenomeno. E questo è dimostrato dai dati proposti dalle rete “D.iR.e”, secondo i quali la violenza psicologica è quella più ricorrente, ovvero nel 73,6% dei casi di violenza dichiarata. Si tratta di una violenza quotidiana, logorante.

Risulta necessario, anche, purtroppo, ricordare nuovamente che la violenza sessuale è possibile ed è reato, anche all’interno della coppia. E’ violenza sessuale ogni qualvolta il rapporto sessuale venga estorto con minacce, intimidazione o forza fisica, ogni qualvolta manchi il CONSENSO.

L’ISTAT, dichiara che nel 62,7% dei casi, gli stupri sono ad opera dei partner. Non sconosciuti. Partner. E’ sempre l’ISTAT, a ricordarci che, nonostante vi sia una convinzione del tutto errata, le forme più gravi di violenza sono esercitate dal partner, parenti o amici. – Giusto, per ribadire il concetto –

Emerge, che sono le donne separate e divorziate a subire più violenza nel corso della vita: il 63,9% dei casi. Sembra, questo, un dato sul quale focalizzare l’attenzione perché indicativo di diversi spunti di riflessione: la violenza è quindi frutto della non-accettazione della separazione o del divorzio? La donna è quindi ancora un oggetto di proprietà?

La violenza è espressione e sinonimo di potere, o meglio, di mancata umanità.
E’ violenza tutte le volte che, l’identità, la personalità, i diritti, il consenso, il pensiero di una donna viene violato, sfruttato, denigrato, discriminato. E’ violenza, ancora oggi, non avere le stesse opportunità lavorative; è violenza dover assistere a selezioni di diverso tipo, nei colloqui di lavoro, per donne e per uomini.

Ci troviamo di fronte ad un fenomeno severo, con conseguenze serie e gravi dal punto di vista sociale, familiare e psicologico e non solo, purtroppo. Siamo di fronte ad un fenomeno che, molto spesso, si propaga proprio nel nucleo familiare, luogo di cura e protezione, che di cura e protezione, non lo è più.

Siamo di fronte ad una continua, costante umiliazione, svalorizzazione, intimidazione, privazione e potremmo continuare… Ma veniamo al punto cruciale: quante volte è stato sostenuto, che la violenza è meritata, perché le donne non fanno niente per uscirne? – victim blaming –

Beh, siamo ancora qui, oggi, 25 novembre, a ricordare che la violenza è una trappola, un circolo vizioso, dal quale è molto difficile uscire. Si propaga e diffonde in una spirale: il ciclo della violenza. E questo, è chiaro già dal 1979, quando Lenore Walker, descrisse il cosiddetto “Ciclo della violenza”.

Accumulo della tensione, isolamento, violenza psicologica. Durante la prima fase del ciclo, c’è una tensione crescente; la comunicazione tra i partner diviene sempre più difficile; talvolta, la donna si ritrova davanti ad un partner “assente”, che sembra ignorarla, facendole sperimentare la condizione dell’invisibilità. Come? Attraverso numerosi e ripetuti silenzi ingiustificati, che iniziano a ledere la donna nel suo essere più profondo, facendo si che incominci a sperimentare senso di colpa rispetto a ciò che ha fatto o che non ha fatto – perché non si fa nulla per meritare la violenza, la si subisce, e basta –

Poi, vi è l’esplosione della violenza, nella quale si ha il culmine della tensione che sfocia in vera e propria violenza fisica e/o sessuale. E’ un crescendo, uno schiaffo, un calcio, due schiaffi, due calci e poi… tutto ritorna alla quiete. Ma che quiete? Falsa apparenza. Falsa riconciliazione. Falsa “luna di miele”. Falso equilibrio, generatore di un nuovo ciclo di violenza. Illusioni, terreno fertile per un nuovo ciclo di violenza.

Non è un conflitto; il conflitto presuppone due punti di vista differenti, che non riescono a trovare un punto d’incontro, questa, invece, è sopraffazione, fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica.

Perché le donne non denunciano? Ecco spiegato, e poi… quanto è “pericoloso” denunciare in una società che emette sentenze e pene severe per la vittima di violenza piuttosto che per chi l’ha prodotta?

Ma denunciare è necessario; la denuncia è più forte della violenza. E no, non è un problema privato. Interessa tutti noi, tutta la società. Come si può relegare il fenomeno della violenza sulle donne ad un fatto privato?

Ed è molto facile cadere in questa trappola, basta girarsi dall’altra parte, essere indifferenti, far finta di non vedere o dire che si tratti di un’esagerazione.
Il 25 novembre non dovrebbe esistere, eppure, siamo qui a scrivere, raccontare.
Ancora una volta, dobbiamo far fronte a dati, rilevazioni estremamente preoccupanti che, ci fanno comprendere quanto lavoro ancora si debba fare.

Il 25 novembre, non dovrebbe esistere, eppure, siamo ancora qui, a ricordare il perché esiste.

Valentina Palmiotti