Il caso Austria


Storicamente, l’Austria è una costruzione artificiale e politica datata 1806. Nell’antico Sacro Romano Impero di Nazione Germanica (962-1806), gli Asburgo erano feudatari di molti territori meridionali e alpini, e, dal XVI secolo, deteneano il titolo, sempre meno effettivo, di imperatore; con la pace di Vestfalia del 1648, i domini effettuali degli Asburgo si definirono attorno a Vienna, con i territori tedeschi circostanti in possesso diretto, e altri, come i vescovadi di Salisburgo e Trento, indiretto; e i Regni di Boemia e Ungheria.
Nel 1806, Napoleone, vincitore sul campo, impose all’ultimo imperatore, Francesco II, di ridursi a imperatore d’Austria, con territori entro precisi confini, corrispondenti, grosso modo, all’attuale Austria. Questa ottenne, nel Congresso di Vienna, Tirolo e Trentino. L’imperatore d’Austria era tuttavia presidente della Confederazione Germanica.
Si pose un problema cruciale. I pangermanisti (Partito grande-tedesco) propugnavano uno Stato con tutti i Tedeschi, quindi anche Austria e Svizzera. Prevalse invece il Partito piccolo-tedesco, che escludeva l’Austria dal progetto, e ciò per ragioni di realismo politico e di ideologia:

– Il Partito piccolo-tedesco, sulla scorta di Hegel, mirava a uno Stato attorno alla Prussia;
– Tale Stato doveva essere protestante, mentre la presenza dei Tedeschi meridionali, soprattutto gli Asburgo, avrebbe dato grande peso ai cattolici;
– Entrando nel progettato Stato, l’Austria avrebbe portato con sé problemi e interessi molto lontani, tra cui i domini slavi, ungheresi e italiani;
– Ma nemmeno si voleva che gli Asburgo rinunciassero a tanti domini e a tanta influenza in Europa. Si rese così evidente l’esigenza che il futuro Stato germanico escludesse l’Austria, di cui tuttavia nessuno negava il carattere tedesco.

A decidere furono i fatti. Nel 1866, Bismarck, primo ministro prussiano, uscì dalla Confederazione, le dichiarò guerra, la sconfisse, la sciolse. Dovevano nascere una confederazione del Nord e una del Sud; ma non si fece in tempo, perché la guerra trionfale del 1870-1 contro la Francia portò alla proclamazione dell’Impero di Germania, che comprendeva anche Baviera e altri Stati meridionali, escludendo solo l’Austria, nel frattempo divenuta Impero Austro-ungarico.
Questo si estendeva sulle attuali Austria con Trentino e Trieste, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Croazia, Bosnia, e vastissimi territori in attuali Polonia, Ucraina e Romania: il secondo Stato d’Europa dopo la Russia.
La sconfitta del 1918 causò la perdita di tutto. Rimasero solo i territori tedeschi, corrispondenti dunque all’attuale Austria, che si proclamò repubblica federale. Infatti, i vincitori vietavano il ritorno degli Asburgo sui troni di Vienna e di Budapest.

Repubblica, sì, ma dichiaratamente provvisoria. Erano venuti meno tutti i problemi posti dal Partito piccolo-tedesco, e l’Austria altro non era che un gruppo non molto omogeneo di Laender. La costituzione del 1920 prevedeva esplicitamente che, se le circostanze lo avessero permesso, l’Austria, o, più esattamente, i singoli Laender si sarebbero uniti alla Germania.
I vincitori, e soprattutto l’Italia, lo impedirono in ogni modo, sia con minacce sia con blandizie, aiutando economicamente l’Austria purché almeno rinviasse l’unificazione. Nacque così un nazionalismo austriaco, il cosiddetto austrofascismo, sostenuto dall’Italia con i Patti di Roma, che comprendevano anche l’Ungheria, e di stampo indipendentistico e sostanzialmente antitedesco. Si faceva leva sulle caratteristiche storiche e culturali di Vienna, città mittleuropea e plurale, piuttosto che solo tedesca.
Quando nel 1934 venne ucciso il cancelliere Dollfuss, Mussolini inviò quattro divisioni al Brennero, pronto a rintuzzare con le armi una minaccia tedesca. Era già al potere Hitler, il quale, non dimentichiamo, era austriaco.

Cambiate profondamente le cose, nel 1938 gli Austriaci espressero senza esitazione la volontà di diventare tedeschi; e ciò avvenne, con il passaggio alla Germania non dell’Austria, ma dei singoli Laender. Per inciso, fu con tale procedimento che, nel 1990, sparì la Germania Est, mai riconosciuta dall’Ovest, e i tre Laender entrarono nella Germania attuale.
Germania e Italia sancirono un accordo per il trasferimento dei Tedeschi altoatesini nel Reich.
Nel 1945 Angloamericani e Sovietici occuparono quella che per loro era l’Austria, e la divisero in zone; per poi restaurare una repubblica federale, imponendo la neutralità. L’Austria si trovò, per decenni, in una curiosa situazione: in quanto parte del Reich, era sconfitta e sorvegliata; in quanto Austria, era stata promossa a “vittima del nazismo”, in spregio delle campane delle chiese di Vienna, che stanno ancora suonando a festa per l’arrivo di Hitler! L’Austria ottenne e si procurò infiniti vantaggi, tra cui essere il centro dei neutrali e di molte istituzioni internazionali.

Si aprì la questione dell’Alto Adige, o, per l’Austria, Sud Tirolo; e sorvoliamo sul fatto che, storicamente, il Tirolo sarebbe bavarese. Dopo un lungo stato di tensione, con attentati e morti, si venne agli Accordi de Gasperi – Grueber del 1947, che concedevano abbondanti e ricchissimi privilegi all’Alto Adige o S. T.: non dimentichiamo che De Gasperi era stato deputato austriaco fino al 1918!
L’Austria di oggi è schierata a tutt’uomo con il blocco dei Paesi cattolici orientali, che si oppongono strenuamente all’immigrazione in genere, e a quella islamica in specie. Il recente governo Kurz, che ha vinto le elezioni, vede numerosi e importanti ministri di estrema destra. Ma anche prima, l’Austria aveva chiuso le frontiere con l’Italia e bloccato Schengen, soprattutto temendo concessioni di cittadinanza e visti vari, che consentirebbero a stranieri libera circolazione in Europa, quindi anche in Austria.
L’ultima mossa è provocatoria: gli Italiani di lingua tedesca dell’Alto Adige potranno avere la cittadinanza austriaca. Il ministro degli Esteri italiano, Alfano (e mi viene da ridere!), ha dato una risposta belante.
Ora sono curioso di come andrà a finire.

Ulderico Nisticò


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