Il Censis non si cura specialisticamente di economia ma, detto in generale, di sociologia. E ha scoperto che gli Italiani (e non è che gli altri stiano meglio!) siamo privi di due cose fondamentali: speranza dell’avvenire, e cultura.
Speranza, in latino, spes, significa attesa, qualunque cosa attendiamo, buona o cattiva che sia, e quindi atteggiamento consequenziale di reazione; e invece la depressione è non temere e non auspicare, ma lasciare le cose alla come capitano: ad-casum, accidia. Vedi assenza dalle urne politiche.
Com’è possibile che ci sia carenza di cultura, in un momento storico in cui il 90% degli Italiani va a scuola? E va a scuola con discreti risultati specifici, e abbiamo perciò medici, professori, avvocati, ingegneri, ragionieri, periti, scienziati eccetera, e anche bravini nelle loro singole professioni; eppure ignoranti.
Del resto, compito della scuola è insegnare competenze, non cultura; e la cultura inizia proprio quando s’inizia a dubitare delle scolastiche nozioni. Per la cronaca, furono o per niente o pochissimo scolarizzati i seguenti signori dei tempi recenti: Alfieri, Foscolo, Manzoni, Leopardi, d’Annunzio, Marconi, Croce… e non vi dico i politici che nel XX secolo hanno fatto, bene o male, la storia dopo rarissima frequentazione della scuola. Per carità, a scuola bisogna andare, ma sapendo è un’utilitaria, mica una Ferrari.
Quello che manca non è il corso di studi, che è, più meno, sufficiente; è la cultura popolare diffusa. Oggi, che è l’Immacolata e tantissimi saranno presenti in chiesa e dopo, provate a chiedere a qualcuno, meglio se diplomato e laureato, che vuol dire esattamente “Immacolata”, e avrete desolanti risposte; mentre avrebbe risposto al volo, appena due generazioni fa, qualsiasi vecchietta analfabeta, figlia nipote pronipote di vecchiette analfabete. Del resto, come si fa pensare che Maria è senza peccato, se prima non s’insegna cos’è il peccato, e non è affatto vero che siamo tutti buoni?
O chiedete informazioni sulla Prima e Seconda guerra mondiale; cosa di cui fino a trent’anni fa erano edotti tutti, e se ne parlava a tavola e a spasso, e di nonno in nipote.
Ecco cosa manca, la cultura come nozione collettiva, e anche come immaginario e leggenda e mito. Occorrono rimedi; e se anche la scuola deve fare la sua parte, bisogna recuperare quelli che da sempre furono gli strumenti della cultura popolare: la poesia e il teatro-cinema. Se no, teniamoci diplomi, lauree e depressione.
Ulderico Nisticò