Una strada può unire. Ma solo se costruita con giustizia.
Era prevedibile, dopo la sentenza del TAR, assistere all’esultanza di chi, senza una visione ampia e profonda del territorio, continua a sostenere che l’attuale progetto della Trasversale delle Serre sia un’opera “a favore della collettività”.
Oggi, su TGR Calabria, ci è stato detto che guardiamo solo al nostro “orticello”, quasi fossimo miopi egoisti incapaci di cogliere l’interesse comune.
È difficile accettare con serenità parole così distanti dalla verità.
Fin dall’inizio, in ogni intervento pubblico, abbiamo sempre chiarito che non siamo contrari alla strada. Anzi, la riteniamo un’opera necessaria, attesa da oltre cinquant’anni.
Ma ciò che abbiamo sempre chiesto – con rispetto, fermezza e coerenza – è che si realizzi una strada che unisca, non che distrugga.
Perché il tracciato attuale, che ha sostituito quello del 2012, comporta danni enormi: sociali, ambientali, economici. Danni che potevano e possono ancora essere evitati, semplicemente riprendendo il tracciato già studiato e meno impattante del 2012.
Tentare di far passare il comitato promotore del ricorso come un gruppo di speculatori egoisti è un atto di profonda disonestà intellettuale.
Chi lo afferma sa bene che questa è una battaglia condotta a testa alta, da persone libere e consapevoli, per il bene di tutti.
A chi, con leggerezza, ha affermato che con la sentenza del TAR la questione sarebbe “definitivamente chiusa”, ricordiamo che il ricorso al Consiglio di Stato è già in corso, come annunciato pubblicamente.
Questa battaglia non è mai stata personale.
È una forma di resistenza civile e legittima, intrapresa per difendere un territorio intero da un’opera che, così com’è, lo danneggerebbe irreparabilmente, nei suoi paesaggi, nella sua economia, nel suo tessuto sociale.
Noi vogliamo la strada, ma la vogliamo giusta.
Una strada che apra opportunità, non che chiuda aziende, case e storie di vita.
Una strada che rispetti chi su quei terreni