Secondo la Dda di Catanzaro il Comune di Badolato era nelle mani della cosca Gallace. Il gruppo criminale avrebbe controllato l’ente a partire dalle elezioni di ottobre 2021 sostenendo il candidato con la lista “Vivi Badolato” Giuseppe Nicola Parretta, poi eletto con numeri più che plebiscitari, più del 92%, anche perché a sfidarlo era una lista civetta.
Ad attivarsi per l’elezione sarebbe stato Antonio Paparo, imprenditore oggi considerato partecipe della cosca tanto da aver favorito la latitanza della pena del boss Cosimo Damiano Gallace.
Paparo avrebbe partecipato alla formazione delle liste e il risultato dei suoi interventi avrebbe portato all’elezione a sindaco di Parretta, alla nomina del vicesindaco Ernesto Maria Menniti (capo della lista civetta), del figlio Maicol Paparo consigliere di maggioranza con delega Bilancio, Tributi, Attuazione programmatica, Sistemi informatici e nominato anche presidente del Consiglio Comunale, e dell’assessore Antonella Giannini. Lo scopo sarebbe stato quello di controllare il Comune anche con riunioni e incontri con gli amministratori, pur senza averne alcun titolo.
Oggi Giuseppe Nicola Parretta è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa perché, in qualità di sindaco, avrebbe assicurato ai referenti del sodalizio mafioso riconducibili alla famiglia di Antonio Paparo le condizioni per esercitare la loro influenza nelle funzioni amministrative del comune di Badolato eliminando dalla loro strada ogni ostacolo che gli impedisse di inserirsi nelle attività dell’ente.
«La ’ndrangheta controllava tutto, imprenditori a disposizione del boss latitante in segno di devozione»: Capomolla racconta l’inchiesta sui Gallace.
Già prima di essere eletto, Parretta avrebbe preso accordi con Antonio Paparo anche in previsione di fondi pubblici che sarebbero arrivati nei successivi dieci anni e che avrebbero rappresentato vantaggi per l’imprenditore e per le società di cui di fatto era dominus.
Non solo. Parretta avrebbe chiesto a Paparo un intervento per risolvere una serie di controversie che lo riguardavano, tra cui quelle relative agli “usi civici” che bloccavano l’edificazione su terreni intestati ad una sua società (la Habitat Gallipari srl) in un’ampia fascia a mare di Badolato, già lottizzata.