Il documento della Conferenza Episcopale


Le Diocesi sono le istituzioni più antiche e continue della storia calabrese; e rappresentano, con la Fede, una tradizione cattolica che risale almeno al V secolo. La loro voce è ammantata di autorevolezza anche agli occhi di chi non crede. Il documento della CEC, firmato dal presidente, il nostro Arcivescovo mons. Bertolone, va letto con l’attenzione che richiedono le parole dosate con saggezza e con forza; e se ne devono trarre le conseguenze.

Non è necessario far retorica sulle condizioni di una Calabria che nella disperazione che vediamo; e non certo solo per il covid, e nemmeno solo per la sanità. Questa però è lo specchio di una situazione generale di degrado morale e politico, con gravi tensioni sociali; e di pochezza della classe dirigente intesa in senso lato e non solo istituzionale.

Tre sono i concetti che io colgo nel documento:
– urgenza dei problemi e necessità di immediati provvedimenti;
– dovere di render conto ai calabresi da parte di tutti i responsabili succedutisi nel corso degli anni;
– impellenza di unità e superamento delle beghe partitiche, per assicurare ai Calabresi la tutela della salute, e più in generale il buon governo.

Un tale alto monito non può restare senza risposta, e per risposta chi scrive non pensa certo alla scontata e banale dichiarazione di essere d’accordo, che sarà corale; ma ad azioni concrete da parte delle persone serie e disinteressate, che forse in Calabria non mancherebbero, se non usassero rinchiudersi nel proprio cantuccio.

È ora di esporsi, di impegnarsi fattivamente. Devono scendere in campo le categorie produttive, le più colpite dalla crisi. Devono esprimersi gli intellettuali, e non con vaghe e astratte proclamazioni, ma ciascuno con le sue competenze reali. Devono funzionare le istituzioni e i pubblici uffici, troppo spesso carenti.

E bisogna colpire i colpevoli con la condanna sociale; se ci sono reati specifici, provveda chi di dovere; ma l’incapacità e inefficienza e la mancanza ai doveri del proprio stato sono colpe morali che devono suscitare lo sdegno dei buoni, e questo deve essere espresso manifestamente senza rispetto umano e senza tatticismi partitici.

Ulderico Nisticò