Avrei una sfilza lunghissima di problemi da sottoporre al Governo, che il 18 si riunirà in Calabria. Riunione seria, operativa, come dimostra il luogo scelto da Conte: Gioia Tauro, fregandosene di pennacchi, titoli nobiliari e sbarchi di Ulisse. E riunione senza pomposità barocche. Gioia è nello stesso tempo la prova palese del fallimento, finora, di tutti i governi e di tutte le giunte regionali; e un enorme potenziale di concrete speranze, se si fa lavorare il porto.
La Calabria ha mille esigenze, ma qui io le riassumo in una solo evidenza: in Calabria, le rendite parassitarie superano nettissimamente la produzione di qualsiasi cosa; la Calabria non produce, e campa di stipendi, o, ahimè, di pensioni.
Bisogna dunque invertire d’urgenza tale situazione: meno, menissimo passacarte, menissimo dirigenti, e più contadini, allevatori, artigiani, operai, naviganti, pescatori, commercianti, imprenditori, operatori turistici veri e professionali. La Calabria deve produrre, e ogni centesimo del Governo o dell’Europa deve andare alla produzione di beni e di servizi tangibili.
Esempio: se un operatore turistico lavora quattro mesi documentati, gli si concedano sussidi; se no, manco una lira bucata. E so quello che dico, e lo sapete tutti: ahahahahah.
Vanno aperti cantieri, tutti i cantieri, con tanti lavoratori genuini, e, di conseguenza, tanto onesto denaro in circolazione. Servono strade e ferrovie.
Attenzione, non è solo un fatto economico, è soprattutto un fatto politico e antropologico. Il lavoratore e produttore è uno che “mangia del suo”, che non deve ringraziare e bussare con i piedi a casa del politicante; e perciò vota per chi pare a lui, e, liberamente, dice sì e no sia al cane sia al re. Una vera rivoluzione spirituale.
E vanno assistiti solo i malati gravi. E invece la sanità è stata, dal 1970, l’assistenza dei sani! Nessun’altra assistenza, ma solo fatica!
Serve dunque una rivoluzione culturale, a cominciare dalla scuola. Occorrono più scuole professionali… di ogni genere, anche Licei Classici capaci di generare cultura popolare e non solo declinazioni! Serve che le università smettano di essere diplomifici, e si sporchino le mani con la realtà.
Bisogna tappare la bocca agli intellettuali dai piagnistei d’ordinanza; e alla depressione psicofisica spacciata per sensibilità.
Per far questo e quant’altro, urge il rinnovamento radicale della classe dirigente, senza nessunissimo riciclaggio di rottami del passato regime. Tanto, a guardarli bene, non se ne salva manco uno: tutti a casa!
Buon lavoro in Calabria e per la Calabria, presidente Conte.
Ah, dimenticavo la mafia. E qui mi rivolgo ancora a Conte, che è foggiano. A San Severo sono stato avvertito che, in piena domenica mattina sotto la cattedrale, potevano rubarmi la macchina: storico, alla lettera! A San Luca, se lascio il portamonete sul tavolo del bar, e torno l’anno dopo, lo ritrovo nello stesso esatto posto, solo molto impolverato. Facile capire perché, e assai preoccupante. La mafia non è dunque un problema di ordine pubblico, ed è molto più pericolosa di una somma di balordi e ladruncoli analfabeti, come ci fanno credere i temi in classe e l’antimafia segue cena. È un’organizzazione nemica, e va colpita in quanto organizzazione, a cominciare dal patrimonio. Del singolo mafioso, si occupi la magistratura; se si pente davvero, il confessore.
Ulderico Nisticò