Il gruppo di Visegrad…


…in senso formale e informale è composto da Paesi orientali, aderenti all’Europa, ma con posizioni particolari su questioni di bilancio, e soprattutto sulla questione dell’immigrazione, cui Visegrad si oppone senza tentennamenti, e nella maniera più politicamente scorretta. Il lettore la pensi come vuole, ma, avendo il sospetto che non tutti ne sappiamo granché, faccio qui un rapido sunto della loro storia antica e situazione contemporanea. Premetto che sono tutti Paesi cattolici.

La Polonia, unitasi nel XIV secolo con la Lituania, si estendeva dalle porte di Berlino alla Crimea; ma portava in sé una grave debolezza strutturale: il re era elettivo, con le conseguenze che potete immaginare ogni volta; e ogni nobile, e ce n’erano diecimila, aveva “liberum vetum” sull’azione di governo. Dopo il massimo fulgore politico e militare con la vittoria del 1683 sui Turchi e la liberazione di Vienna per mano del grande re Giovanni Sobieski, iniziò una tale decadenza che, tra il 1772 e il ’94, l’immenso territorio fu diviso tra Russia, Austria e Prussia: finis Poloniae. Nel 1918 risorse una Polonia, ma il “vetum” divenne “polverizzazione” tra partiti. Dopo quattro anni di alleanza di fatto con la Germania nazionalsocialista, il dittatore Beck cambiò cavallo, e, convinto di stravincere, finì con la Polonia occupata da Germania e URSS. Nel 1945, con drastico mutamento di confini, passò tutta all’URSS, con la finzione di un voto del 98% al locale partito comunista. Urka! Ma il popolo polacco, che intanto esprimeva san Giovanni Paolo II, resistette e al comunismo e all’ateismo, e, caduta l’URSS, è parte dell’Europa, sia pure a modo suo.

La Cecoslovacchia era un’invenzione di sana pianta della Francia, di Wilson e della massoneria del 1918, mettendo assieme 13 milioni di persone di quattro etnie diverse e opposte, a maggioranza relativa di Tedeschi. Dissoltasi una prima volta, in maniera un po’ burrascosa, nel 1938; rimessa assieme nel 1945; nel 1992 si separò pacificamente e nell’indifferenza del mondo; e oggi esistono una Repubblica Ceca e una Slovacchia, entrambe parte dell’Europa, sia pure a modo loro.

L’Austria degli Asburgo divenne, dal XVII secolo, una Potenza europea, in verità più per indovinati matrimoni che per guerre e politica: “bella gerant alii, tu, felix Austria, nube”. Quasi annientata da Napoleone, risorse fortunosamente, approfittando del moto nazionale germanico con la vittoria di Lipsia. Al Congresso di Vienna, grazie all’abilità del Metternich, l’Austria si estese agli attuali territori europei: Austria con Trentino e Trieste, Ungheria, Croazia, Slovenia, Transilvania, R. Ceca, Slovacchia, un terzo della Polonia, e Milano e Venezia, con l’egemonia sull’Italia. Decisamente troppo, per una piccola nazionalità tedesca, di cui metà si sentiva bavarese. Dissoltasi nel 1918 questo sterminato Impero, all’Austria non restava che unirsi alla Germania, e il principio venne sancito dalla costituzione del 1920; e l’attuazione impedita, o almeno rinviata, da Francia e Italia, fino al 1938, quando non l’Austria, ma i singoli laender distintamente, entrarono nel Reich. Dopo il 1945 rimasta in un’ibrida neutralità tra Est e Ovest, oggi l’Austria fa parte dell’Europa, sia pure a modo suo.

E veniamo all’Ungheria. Nessuno al mondo si sente più europeo e più cattolico di un ungherese; ma gli Ungari, o Magiari, erano una tribù dell’Asia Centrale, linguisticamente affine al gruppo ugro-finnico. Li convertì il re santo Stefano (969-1038). Nei secoli seguenti la storia dell’Ungheria s’intreccia con quella del Meridione d’Italia, grazie al matrimonio di Carlo II d’Angiò con Maria d’Ungheria… vicende complesse, che racconteremo un’altra volta. Vastissimo territorio, l’Ungheria si trovò in prima linea contro i Turchi, fino alla sfortunata battaglia di Mohács del 1526, in cui cadde eroicamente lo stesso re Luigi II. Quel poco che restò dell’Ungheria indipendente elesse suo re Ferdinando d’Asburgo, fratello di Carlo V e futuro imperatore. Liberata dalla coalizione di Austria, Russia e Venezia ai primi del XVIII secolo, l’Ungheria rimase asburgica; ma, dopo il 1815, si sentì oppressa, e sviluppò un forte sentimento nazionale, con la riscoperta delle tradizioni popolari e la nobilitazione della lingua ungherese; e rafforzando sempre di più il sentimento religioso. Nel 1848 l’Ungheria si ribellò all’Austria, venendo repressa da un intervento zarista. Nel 1867 si era alla vigilia di una nuova guerra, ma una soluzione di luminosa intelligenza venne trovata da tre menti pensanti: l’ungherese conte Gyula Andrássy, l’imperatrice Elisabetta (altro che Sissi!), e l’imperatore Francesco Giuseppe. Questi assunse la duplice veste di imperatore d’Austria e re d’Ungheria, con un complesso ma efficiente sistema di imperialregio, imperial-regio, imperiale e regio; che tuttavia resse fino al 1918. Ridotta a un terzo del territorio, l’Ungheria si legò all’Italia, recuperando, grazie al suo appoggio, territori slovacchi e la Transilvania. Occupata dall’URSS, si ribellò eroicamente ma invano nel 1956, abbandonata dagli Occidentali. Caduta l’URSS, l’Ungheria fa parte, a modo suo, dell’Unione Europea.

Questi sono i fatti. Ora qualcuno mi spieghi per quale motivo i Polacchi, i Cechi, gli Slovacchi, gli Austriaci e gli Ungherese dovrebbero cancellare e dimenticare tanta storia e tanta cultura, per subire un modello del tutto estraneo alla natura dei popoli.
L’Ungheria conta un otto, nove milioni di abitanti; se entrano anche solo mezzo milione di musulmani, l’Ungheria non sarà più l’Ungheria. E Stefano e Luigi, e anche musicisti e poeti come Liszt e Molnár non saranno minimamente d’accordo.
E figuratevi in Polonia!

Ulderico Nisticò


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