Il lavoro, ovvero: Io mangio del mio


 Tutto ciò che è umano al mondo è un effetto del lavoro; e non è mai esistito un mondo felice senza lavoro come sognarono i poeti dell’età dell’oro, e, nel XVIII secolo, Rousseau e i suoi amici convinti della vita comoda del buon selvaggio; a parte che il buon selvaggio non è mai esistito, noi non vogliamo essere selvaggi e sorridenti figli dei fiori, ma civili e sudati, quindi non solo dobbiamo, bensì anche vogliamo lavorare.

E nemmeno è minimamente vera l’interpretazione, pur essa settecentesca e ripetuta ogni Primo maggio, secondo cui lavoro sarebbe solo quello materiale “sfruttato” da padroni nullafacenti; anzi, nel XXI secolo, il vero problema è che il lavoro manuale e “sfruttato” non lo vuole più nessun datore, e servono lavoratori qualificati. E lavoro non è fatica di pala e piccone ma ogni genere di umana attività, “diversamente per diversi uffici”, cioè ognuno deve fare quello che sa fare, e farlo bene.

Il lavoro ha come finalità la produzione; e la produzione poi si distribuisce da sola, senza bisogno di interventi, di solito maldestri e furbastri. Si distribuisce, ovviamente, in modo disuguale perché gli esseri umani non siamo uguali, però alla fine ce n’è per tutti. I buonisti, comunisti in testa, vorrebbero distribuire in parti uguali il nulla; e molto spesso ci sono riusciti, attuando la giustizia astratta e affamando le persone reali.

Lo stesso per certi i buonisti cristiani, dimentichi dell’insegnamento di san Paolo: “Chi non vuole lavorare, nemmeno mangi”. Quelli che nei Vangeli trovano i rari cenni alla povertà (rari!), leggano con attenzione la bellissima Parabola dei talenti, elogio della disuguaglianza e dell’alacrità, e dell’intelligente produzione di beni.

E attenti che i benefattori, detto in generale, hanno bisogno di poveri da beneficare, e che quindi restino poveri. E invece giustizia reale è che i poveri smettano di essere poveri, e abbiano lavoro e beni, per poter dire “Io mangio del mio”, e non avere bisogno di assistenza.

L’assistenza corrompe, e non dico solo quella diretta a qualche malato, dico la devastante assistenza indiretta della famigerata Prima repubblica demosocialista, soprattutto nel Meridione: donde la bidellizzazione della Calabria, per cui la nostra terra è l’ultima d’Europa.

Per reagire a tutto questo, urge una filosofia, appunto, reazionaria, e che ponga il lavoro tra gli elementi di dignità e forza e libertà di ogni essere umano; e che ogni essere umano sia lieto di lavorare, venendo opportunamente compensato e onorato. E potendo essere libero di dire sì e no al re e al cane!

Con questo e quant’altro, buona festa del lavoro. Qualche anno fa si celebrava anche san Giuseppe Lavoratore; poi, come sta succedendo a Soverato pure in moltissimi altri casi, devono aver litigato anche a questo proposito. Amen.

Ulderico Nisticò