Il nemico è sempre pazzo, o pazza


Liceo_Scientifico_di_SoveratoL’Accademia degli ex allievi del Liceo Scientifico, il Liceo stesso, l’Università di Catanzaro e il Comune terranno, dal 14 al 19 prossimi, la seconda edizione della Settimana del cervello, iniziativa mondiale. Tra turbe e follie e genialità e tutti i misteri della mente umana, poteva forse mancare la situazione folle per eccellenza della cultura, che è il teatro? E no; e, infatti, il 16 pomeriggio verrà rappresentato da allievi e professori e amici il lavoro “L’ippogrifo sa volare”, ispirato a tutti i simili e immaginabili temi della psiche. L’autore di questo fosco dramma? Un matto della peggiore specie: lucido. In questi giorni che ci separano dal 14, vediamo di destare un poco di curiosità, cominciando da un tema politico.
Dovete sapere, gentili lettori, che il nemico è sempre cattivo, e fin qui lo capite da voi; e molto spesso è pazzo. Fra i tanti che la versione dei vincitori ha dichiarato mentecatti, vi ricordo, e perdonate se accenno soltanto, il faraone Achenaton, Cambise re di Persia, Filippo di Macedonia, Caligola, Nerone, Napoleone… a parte quelli che erano malati di mente davvero come Giorgio III di Gran Bretagna e Luigi re di Baviera. Tutti ricordate i matti contemporanei: Saddam, Gheddafi… Per Federico II non si contentarono di una banale pazzia, e lo fecero figlio di Satanasso in persona in una con Costanza.
Sentite ora questo squisito esempio di raffinata propaganda, che chiama in causa la follia, e che rappresenteremo, tra l’altro, il prossimo 16. Nel 42 aC, dopo aver battuto a Filippi i cesaricidi, Ottaviano e Marco Antonio si divisero l’Impero. Antonio, cui toccò l’Oriente, s’innamorò di Cleopatra regina d’Egitto, succedendo in questo a Giulio Cesare. L’accordo tra i due durò poco, e nei dieci anni seguenti entrambe le parti si prepararono allo scontro, facendo anche uso della propaganda. In questo campo, Ottaviano era molto meglio attrezzato del cognato e nemico, avendo alla sua corte Mecenate, Virgilio, Orazio, Vario, Tucca, Gallo. Dopo aver convinto i Romani che Antonio era un degenerato e un traditore eccetera, Ottaviano gli mosse guerra, e, per merito di Agrippa, lo sconfisse in mare ad Azio nel 31. Cleopatra aveva condotto anche lei la sua flotta, ma fuggì senza battersi; si suicidò, i più dicono con un aspide; Antonio, sulla spada.
Così andarono le cose; ma Ottaviano, assai accorto, aveva ben saputo gestire la politica come la guerra. Aveva fatto della pace interna la giustificazione stessa del suo potere, e non poteva scatenare una guerra civile contro un cittadino romano, un generale di Cesare, il marito di sua sorella. Soluzione? Dichiarare le ostilità alla pericolosissima nemica di Roma, la regina d’Egitto, nella cui figura confluiva tutto ciò contro cui Ottaviano si batteva: una donna (e il potere effettivo delle donne, a Roma, era enorme, giurisprudenza a parte), e donna affascinante e corrotta, e quindi una pazza che attentava persino al principio della famiglia romana; e cominciare dalla famiglia di Antonio, cioè Ottavia sorella di Ottaviano! Ufficialmente, Romamosse guerra all’Egitto, non ad Antonio.
Leggete infatti cosa scrive Orazio, l’amico mai servile di Ottaviano, pronto a compiacerlo come a pungerlo: “Ora bisogna bere, ora sfrenatamente danzare, ora è tempo di ornare di banchetti da Salii il cuscino sacro delle dei, amici. Prima non era lecito togliere dalle cantine degli avi il vino Cecubo, fin quando quella regina macchinava dementi rovine e morte al Campidoglio e all’Impero, assieme alla sua mandria malata di turpi maschi, e ubriaca della buona fortuna e osando sperare qualsiasi cosa. Ma bastò a guarire la sua pazzia la flotta distrutta dal fuoco tranne una nave a stento, e Cesare, assalendola dall’Italia con i remi mentre volava sul mare, come uno sparviero le molli colombe o il veloce cacciatore la lepre nei campi della nevosa Emonia, per incatenare quel mostruoso prodigio mortale”.
Come vedete, il nemico è pazzo, è un “mostruoso prodigio” da incatenare, da uccidere; il che sottintende che “noi”, i noi di turno, siamo invece savi e sereni e, insomma, abbiamo ragione e il nemico ha torto! Spero a nessuno sia sfuggita l’ironia.
Ma Orazio, pagato il tributo di amicizia al suo signore, non si trattiene dal manifestare se stesso e la sua schiettezza, e così conclude: “Ma lei, desiderando più dignitosamente morire, non temette le spade come una donna, e non fuggì con veloce nave in terre nascoste, ma osò guardare con volto sereno la sua potenza abbattuta, e, coraggiosa, tenere in mano crudeli serpenti, per assorbire interamente il nero veleno, lei, più fiera della morte che aveva deciso, sottraendo alle crudeli navi liburniche di essere trascinata da schiava in trionfo, lei, donna nobile”.
La poesia e la follia, dunque. Daremo ancora degli esempi, prima che, chi vuole gustare i giovani attori, veniate a teatro.

Ulderico Nisticò


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