Il Recovery Plan. Il refrain “urticante” del Ponte sullo Stretto ed il silenzio della classe politica calabrese


Il Recovery Plan è un’occasione unica per definire un nuovo sviluppo armonioso dell’Italia e dell’Europa dopo il fallimento di quello incentrato sul capitalismo sfrenato, sullo sfruttamento indiscriminato e dissennato   delle risorse naturali pensando che fossero inesauribili. Una riflessione generale e critica quindi sulla qualità della vita e sui modelli culturali finora dominanti che hanno stravolto valori, identità, usi e costumi degli ultimi decenni.

L’importanza di tale piano e la sua fattibilità e realizzazione richiederebbero uno sforzo di tutti non comune, una forte coesione sociale e l’apporto culturale di forze produttive, sociali, culturali ed imprenditoriali,  sindacali e soprattutto di tutte le forze politiche. Invece stiamo assistendo ad uno spettacolo indecoroso ed incomprensibile alla maggior parte dei cittadini italiani. 

Una parte della classe politica non sembra aver colto appieno lo stravolgimento epocale prodotto da questa pandemia, le difficoltà economiche, i disagi sociali, il cambiamento di usi , costumi ed abitudini delle persone. Intere famiglie senza lavoro , giovani senza prospettive future relegati in casa. Per la prima volta una generazione di studenti costretti ad affrontare nuove forme didattiche di apprendimento . I docenti    a sostituire la lezione frontale con la dad e   privarsi del confronto diretto   con i discenti, penalizzando fortemente il dialogo educativo e formativo.

 Dietro le dichiarazioni ufficiali dei partiti tese a sottolineare l’urgenza e la necessità impellente di redigere il piano si celano ripicche, gelosie,   giochi politici ,voglia di gestire le ingenti risorse previste  tramite le lobby e i gruppi di potere a loro vicini . C’è insomma di tutto:  l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, il varo della nuova legge elettorale con la quale si svolgeranno le prossime elezioni politiche, la sopravvivenza di alcune formazioni politiche ed il destino di alcuni presunti leader, qualche nomina in più, il desiderio incontenibile di apparire, convulse manovre di palazzo . In questo contesto così caotico, si avanzano proposte di ogni genere ,alcune completamente avulse dalla realtà economica italiana, altre intrise di demagogia.

Tra queste non poteva mancare l’ennesima proposta urticante :   quella del Ponte sullo Stretto di cui si parla ormai da decenni.  A farla , penso strumentalmente, è stato Renzi, ma prima di lui , sempre strumentalmente, altri presidenti del Consiglio e molti altri politici. Quel che tuttavia stupisce non è solo la riproposta demagogica della costruzione del ponte quanto il silenzio della classe politica meridionale e calabrese in questo particolare frangente.  La Calabria paga mali endemici, ma anche e soprattutto l’assenza di un progetto e di un programma credibili di sviluppo organico e coerente con le peculiarità che

La contraddistinguono e vive uno dei momenti occupazionali peggiori della sua storia, acuiti dalla pandemia. C’è in atto una nuova emigrazione di giovani laureati in cerca di lavoro che determina lo spopolamento di città e paesi. Il Recovery Plan è l’occasione propizia per aprire una grande discussione politica e culturale di tutti i calabresi, della sua classe dirigente ,delle forze sane esistenti per definire un nuovo piano di sviluppo economico, dopo quello degli anni settanta,  ed un nuovo modello socio-culturale incentrato sulla valorizzazione delle tradizioni e della storia della Regione, sulle tante risorse ed energie inutilizzate o mal gestite .   

Tale   piano   deve essere illustrato al Governo ed alle forze politiche affinché venga incluso in quello del Recovery Plan per avere le risorse necessarie alla sua concreta attuazione. Solo realizzando quelle opere essenziali e necessarie al decollo economico della Regione si può   ripianare finalmente lo storico divario nord-sud. Eludere il problema del Mezzogiorno con soluzioni rabberciate e poco credibili, sarebbe un errore imperdonabile e segnerebbe un punto di non ritorno non solo per il Sud ma per l’Italia intera.  

 Ing. Nicola Iozzo