Il referendum del 2 giugno 1946 e altro prima e dopo


referendum2 Il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 diede i seguenti risultati: 12. 717. 923 (54,3%) cittadini favorevoli alla repubblica e 10 719 284 (45,7%) cittadini favorevoli alla monarchia. I monarchici sostennero per anni di essere stati vittime di brogli; resta evidente che quello della repubblica non fu affatto un trionfo, ma una vittoria di misura. E, misteri a parte, non so come sarebbe finita se non avessero votato repubblica, o, senza l’amnistia Togliatti, non avessero votato affatto, gli ancora moltissimi fascisti; e mancarono alle urne anche tanti militari ancora prigionieri all’estero.

 Difficile scorporare il risultato. Il Sud e in parte il Piemonte votarono monarchia; quanto alle categorie sociali, è campata in aria l’affermazione che le donne, votando in quella occasione la prima volta, avrebbero votato repubblica.

 Diciamo che i monarchici non persero al referendum, ma negli anni seguenti, dividendosi in partitelli e in associazioni segrete di pubblico dominio; e diventando presto una specie di succursale della Democrazia Cristiana. Né la Casa reale di riferimento offriva luminosi esempi di serietà e prestigio morale. Nel 1972 i superstiti si fusero con il MSI, scomparendo infine all’interno una generica destra sempre meno tale.

 Non è male riepilogare come si giunse al 2 giugno di settant’anni fa.

 La tradizione politica dell’Italia Centrosettentrionale era piuttosto repubblicana che monarchica; mentre diversa era quella di Sicilia, Meridione e Piemonte. Dal XVII e XVIII secolo, anche il resto d’Italia, come l’Europa, si adegua alla monarchia, con la sola sopravvivenza di repubbliche oligarchiche come Venezia, Genova e Lucca.

 Sono insignificanti le vicende delle repubbliche create dagli invasori francesi del 1796-9; del resto Napoleone ne fece presto delle monarchie a suo modello: dittatura militare e centralismo burocratico.

 Nel XIX secolo le idee repubblicane rimasero confinate in ambienti sovversivi e anarchici, e nel variopinto e contraddittorio mondo dei molti socialismi. I liberali si collocarono, in genere, con le monarchie costituzionali, ritenute garanzia di ordine; e furono frequenti gli scontri anche armati tra liberali e repubblicani: repressione dell’insurrezione di Parigi del 1848; della Repubblica Romana; della Comune di Parigi…

 In Italia, il fallimento delle tesi confederali e federali tra 1848 e ’49, la progressiva scomparsa dalla storia delle Due Sicilie e l’abilità del Cavour segnarono il trionfo della monarchia costituzionale borghese, che, procedendo per colpi di mano abili e fortunati, fu proclamata il 17 marzo 1861 con Vittorio Emanuele II; a questi successe nel 1878 Umberto I; a questi nel 1900 Vittorio Emanuele III.

 Senza che i sentimenti repubblicani si affievolissero del tutto, la monarchia riscosse un consenso diffuso, e venne sentita come indispensabile strumento per cementare un’unità temuta molto fragile. La vittoria della Prima guerra mondiale e l’intesa con il fascismo nel 1922 e con la Chiesa nel ’29 parvero rafforzare questo consenso, fino agli eventi infausti, e anche inattesi, del 1943.

 Invasa la Sicilia dagli Angloamericani, entrò in crisi il fascismo, con la deposizione di Mussolini il 25 luglio, e il governo regio di Badoglio.

 Questi trattò segretamente la resa, e, contro le sue stesse aspettative, venne obbligato a dichiarare l’armistizio, l’8 settembre. Fu il crollo dell’Italia: le forze armate in patria, Grecia, Balcani, Francia non vennero nemmeno avvertite, e subirono quasi senza agire la reazione dell’alleato tradito; re e governo ripararono a stento a Brindisi, per essere poi collocati a Salerno.

 Tornarono alla ribalta politici da vent’anni dimenticati, che si dichiararono rappresentanti di partiti antifascisti e, generalmente, repubblicani. Si giunse a un compromesso, e, dopo l’arrivo a Roma degli Angloamericani, Vittorio Emanuele nominò il figlio Umberto luogotenente del Regno con i poteri di capo di Stato permessi dalla precaria situazione.

 Finita la guerra e dopo un anno di tergiversazioni, il re abdicò il 9 maggio, e il figlio salì al trono come Umberto II.

 Questi, il 2 giugno, fece la lustra di protestare per i dubbi risultati, ma non poteva né osò altro. Prese l’aereo per il Portogallo, dove rimase fino alla morte, nel 1983.

 Anche il passaggio dell’Italia alla repubblica dalla monarchia, come l’instaurazione di questa nel 1861, era stato un fatto abbastanza banale e senza bagliori di tragedia o di gloria. Non serve a molto inventarsene oggi.

 La monaca di Desdra, profetessa della fine del Seicento, sognò che i Savoia avrebbero avuto dodici re (“cavalli”) piccoli e cinque grandi. Con i dodici, ci siamo, i re di Sardegna; con i cinque, i re d’Italia, la vecchia si è sbagliata, almeno finora; e al netto di pettegolezzi. Misteri?

Ulderico Nisticò


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