Il ritorno clandestino del re


Mi pare buffo e all’italiana, che l’arrivo delle salme dei Savoia non venga né vietato né permesso, ma si chiuda un occhio: come il sesso una volta, “si fa, ma non si dice”!
Ricapitoliamo. I duchi di Savoia assursero nel 1713, con Vittorio Amedeo II, al rango di re, prima di Sicilia, poi, per cambio del 1720, di Sardegna. Attraversarono così le quiete vicende del XVIII secolo, con un piccolo ma rispettato Stato, in equilibrio tra Austria e Francia; finché non cadde, come del resto tutta Europa, sotto i colpi di Napoleone tra il 1796 e il 1814.

In quell’anno tornò da Cagliari il re Vittorio Emanuele I, che abdicò nel 1821 a favore del fratello Carlo Felice, il quale morì nel 1831. Entrambi i fratelli non ebbero figli maschi, e, ai sensi della legge salica (“né donna né nato da donna”), cessò il ramo Biancamano, e salì al trono Carlo Alberto, del ramo Carignano.
Abdicato questo dopo la sconfitta del 1849, gli successe Vittorio Emanuele II, che, il 17 marzo 1861, implicitamente deponendo tutti gli innumerevoli titoli (re di Sardegna, Cipro, Gerusalemme e decine di feudi piemontesi), assumeva l’unico di re d’Italia.
Morto Vittorio nel 1878, salì al trono Umberto I, ucciso da un anarchico il 29 luglio 1900.
L’unico figlio suo e della cugina Margherita di Savoia, divenne Vittorio Emanuele III. Era in crociera nel Mediterraneo assieme alla moglie Elena di Montenegro; sbarcò a Reggio, dove ciò è ricordato da un monumento, e assunse la corona, che deporrà nel 1946.

Di lui dobbiamo parlare. Era fisicamente debole, e probabilmente per questo si fece in modo che non sposasse una principessa dell’Europa Occidentale, erede di casate anch’esse tutt’altro che sanissime (molte donne erano emofiliache), ma, Jelena Petrović-Njegoš, figlia di un recente sovrano, il principe Nicola del Montenegro, solo nel 1910 re. L’innesto barbarico giovò all’eugenetica, almeno sotto l’aspetto fisico e della salute: ne nacquero quattro belle figlie, Iolanda Mafalda Giovanna Francesca, e Umberto.

La figura di Elena soccorse anche all’immagine del re, che, a parte non essere molto aitante, era anche caratterialmente piuttosto grigio. Compì irreprensibilmente i suoi doveri di re costituzionale sotto i governi liberali dell’era giolittiana; durante la Prima guerra mondiale fu al fronte, partecipando alla vita dei soldati; nel 1922, di fronte allo sfascio dei liberali e all’incapacità politica di socialisti e popolari, si rifiutò di firmare lo stato d’assedio contro la Marcia su Roma, e diede l’incarico a Mussolini.
La collaborazione tra il re e il regime fascista fu soddisfacente, anche se non certo entusiastica; Mussolini dovette tenere conto dei sentimenti monarchi dell’esercito e di gran parte della popolazione, inclusi i fascisti. Dei suoi trascorsi repubblicani gli restò la magra soddisfazione di rifiutare il titolo di principe di Rodi; anche se non il Collare dell’Annunziata. Non si ha notizia di alcuna opposizione del re a Mussolini, né quando sciolse i partiti (1925), né quando promulgò le leggi razziali (1938), né durante le diverse guerre, compresa la Seconda guerra mondiale.

Nel 1929, sanciti i Patti Lateranensi, e sanando la ferita del 1870, il re incontrò papa Pio XI. Nel 1936, Mussolini incoronò Vittorio Emanuele imperatore d’Etiopia, il che lo rese parigrado del re britannico imperatore delle Indie; nel 1939, re d’Albania.
Fino alla primavera del 1943, le operazioni militari italiane in Balcani, Grecia, Francia e nella stessa Africa Settentrionale e nel Mediterraneo poterono considerarsi altalenanti quasi in modalità fisiologia; ma nel luglio 1943 il nemico attaccò la Sicilia, e si avvertirono le prima avvisaglie di una crisi interna all’esercito.
Gli avvenimenti dell’estate 1943, pur narrati da centinaia di libri anche dei protagonisti, restano poco chiari. La notte del 25 luglio, i gerarchi del Gran Consiglio del fascismo sfiduciarono Mussolini; la mattina dopo, il re lo indusse alle dimissioni, nominando in sua vece il maresciallo Pietro Badoglio. Questi sono i fatti, probabilmente con qualche legame tra loro.

Sia nel 1922 sia nel 1943 era stato rispettato, almeno nella forma, lo Statuto Albertino, il quale prevedeva che il governo fosse nominato e destituito dal re. Il parlamentarismo è una degenerazione dello Statuto.
Probabilmente, in quel 1943, Badoglio intendeva seguire la vecchia tradizione per cui “Casa Savoia non finisce mai la guerra dalla stessa parte dove l’ha iniziata, se la guerra non è abbastanza lunga da permetterle di cambiare due volte”; e passare al nemico, cui aveva persino suggerito un ottimo piano di operazioni antitedesche. Ma gli Angloamericani volevano solo la “resa senza condizioni”, e gli imposero di pubblicare, l’8 settembre, l’armistizio.

Seguì lo sfascio delle forze armate, nemmeno avvertite di quanto poteva accadere; i Tedeschi occuparono l’Italia fino al Meridione, questo già occupato dal nemico. Il re e Badoglio avventurosamente ripararono da Roma a Pescara e Brindisi; infine a Salerno. Qui arrivarono esponenti dei vecchi partiti, sostenuti da America, Vaticano e Unione Sovietica. Questa, con abile mossa, riconobbe il governo del re, costringendo gli Occidentali a fare altrettanto; ma, tornato a Roma, Vittorio Emanuele uscì di scena, nominando “luogotenente” Umberto. Questi dunque regnò, di fatto, dal 1944, finché, il 9 maggio 1945, Vittorio Emanuele III non abdicò anche formalmente, e salì al trono Umberto II. Il 2 giugno il referendum diede una non trionfale maggioranza alla repubblica; Umberto eccepì, ma venne convinto a cedere, e partì per il Portogallo, dove morì nel 1983.
In Italia, aveva lasciato a tutelare i suoi interessi il marchese Falcone Lucifero, dei nobili di Crotone, ma molto legato a S. Andrea I., e anche a noi: la sorella, donna Teresa, aveva sposato l’ultimo dei baroni di Soverato, don Diego Marincola. A proposito di Calabria, si narrò di amori di Umberto per delle belle pacchiane; anche se di lui si sussurrarono cose di senso molto opposto!!!
Vittorio Emanuele III era andato in esilio ad Alessandria d’Egitto, ospite del re. Morì il 28 dicembre 1947; Elena, nel 1952.

Seguirono cronache rosa delle principesse Savoia figlie di Umberto e Maria Josè del Belgio, che occuparono i rotocalchi degli anni 1950-60; e pettegolezzi su Vittorio Emanuele (IV), non senza abbondanti cronache nere. Si disse che Umberto lo avesse diseredato per aver sposato la borghese Marina Doria, e avesse indicato Amedeo del ramo d’Aosta, che però non ha mai rivendicato nulla.
Il figlio di Vittorio Emanuele, Emanuele Filiberto, gode di una certa notorietà televisiva. Sic transit gloria mundi, comprese le gesta ingloriose.
Le spoglie di Elena sono state già traslate presso Mondovì; stanno giungendo anche quelle di Vittorio Emanuele III. Strano compromesso: come Savoia, dovrebbero essere sepolti a Superga; come sovrani d’Italia, al Pantheon. All’italiana spicciola, ci arriveranno passo passo senza che si decida mai niente di definitivo, clandestinamente. Per ora, le spoglie sono in Italia, poi…

Ulderico Nisticò


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