Il vizietto di leggere a brandelli la costituzione


 Oggi mi va di giocare al piccolo costituzionalista, e inizio dall’art. 21. Secondo Benigni e altri, l’art. 21 dice così: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Fine, e ce ne andiamo? E invece no, perché l’articolo 21 non conta solo le venti parole benignesche, ma è lungo altre centosessanta (160!), ovvero: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”.

 Insomma, non è vero che uno si alza la mattina e dice quello che gli gira dovunque e comunque, in tv stampa e oggi social, perché, per esempio, se qualcuno offende Pincopalla, Pincolappa lo querela non contro e nonostante l’art. 21, ma proprio ai sensi dell’art. 21. Però Benigni legge venti parole su centottanta, certo evidentemente che nessuno andrà a controllare. Nessuno, tranne Ulderico Nisticò, che non simpatizza per la costituzione del 1948 e modifiche seguenti, però la conosce benissimo.

 Altro esempio. Tutti ripetono l’art. 11 “L’Italia ripudia la guerra”, cioè quattro parole; le parole sono invece cinquantotto, e continuano così: “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Quindi l’Italia, in ambito ONU, NATO, UE o Associazione Francobolli, può inviare truppe, ed effettivamente le INVIA, in posticini pacifici quali Afghanistan, Bosnia, Iraq, Kossovo, Libano, eccetera. E Timor Est, tra l’altro, località ignora al 98% degli Italiani.

 E nessuno si ricorda che c’è anche l’art. 52 “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici”. Qui non c’è bisogno di contare le parole, che sono chiarissime: in caso di attacco nemico, non solo l’Italia può combattere, ma ogni singolo “cittadino”, anche Benigni, DEVE combattere (“sacro dovere”), ovvero imbracciare fucili etc.; nel mio caso, essendo io artigliere, un cannone. Io lo farei volentieri e qualcuno forse no, ma l’art. 52 se ne frega dei gusti personali. E per chi non è d’accordo, c’è il Codice Militare di guerra, che, fino al 1994, prevedeva la pena di morte. Non ci credete che c’era la pena di morte? Informatevi.

 E concludiamo con gli art. 39 e 40 sui sindacati, rimasti finora lettera morta. Mentre l’art. 49 accenna, pudicamente, ai partiti che dovrebbero “concorrere democraticamente” alla politica. Ebbene, mai qualcuno diede un’occhiata ai congressi della fu Democrazia Cristiana… dove Tizio si presentava con migliaia di tessere in grandissima parte inventate, e si metteva d’accordo con Caio dalle altre migliaia di tessere ugualmente inventate… e giù Manuale Cencelli per spartirsi potere e sottopotere. Si chiama, tuttora, partitocrazia.

 Lo stesso oggi per quello che leggiamo, con patetico sorriso, del PD in Calabria, le cui tessere sono un oggetto misterioso in mano Sempronio: o almeno così sostengono Oliverio e suoi amici.

 E che dire dei poteri del presidente della repubblica (l’art. 87), che a leggerli sarebbero più e più forti di quelli che riservava al re l’Albertino del 1848, però alla fine c’è un codicillo non scritto, che non li deve esercitare. Vedi vicenda del CSM.

 Insomma, prima di parlare della costituzione del 1948 e modifiche fatte e da fare, leggetela tutta tutti, Benigni incluso.

Ulderico Nisticò