Il WWF rinnova l’invito a rispettare i nidi degli uccelli


Come ogni anno, di questi tempi, giungono numerose le segnalazioni riguardanti i nidi di diverse specie di uccelli che frequentano gli ambienti urbani e verso i quali occorre prestare particolare attenzione per non arrecare danni alle uova o ai piccoli nati, compromettendo quello che rappresenta il momento più delicato e importante della loro esistenza, cioè quello della riproduzione e della perpetuazione della specie.

In molti casi si tratta di uccelli migratori, come le rondini, i consimili balestrucci, i veloci rondoni, tutti uccelli che raggiungono le nostre città e i paesi dopo aver compiuto un lungo viaggio migratorio che, dall’Africa, li ha condotti fin nell’Europa giusto per compiere il loro dovere di genitori, prima di tornare nella loro patria al di là del Mediterraneo, a fine estate, o, come nel caso dei rondoni, quando ancora da noi imperversa il solleone.

Oppure sono quegli stessi uccelli che ci fanno compagnia durante tutto l’anno e che, al pari dei migratori, approfittano dell’abbondanza di cibo fornito dallo sviluppo della vegetazione primaverile e degli insetti che di essa si nutrono, per alimentare le proprie nidiate.

Parliamo dei merli, il cui canto melodioso ci allieta sin dall’alba, di capinere, cardellini, verdoni, fringuelli, verzellini, con i loro nidi a coppa bene intrecciati e variamente imbottiti, autentici capolavori di architettura animale, oppure delle varie specie di cince che approfittano di un buco di un muro, o di un coppo per fare il nido, fino alle esotiche tortore dal collare, ormai ospiti abituali, insieme ai grossi colombacci, dei nostri parchi e giardini alberati.

Non mancano però, nell’elenco dei “clandestini in città” (così come ebbe a definirli Fulco Pratesi in uno dei suoi bellissimi libri) diverse specie di rapaci, da quelli diurni come il Gheppio, un falchetto che nidifica spesso in edifici diroccati e sporgenze rocciose, o rapaci notturni come il Barbagianni, la Civetta o l’Allocco, che attraversano i nostri cieli alla ricerca di topi e ratti da portare ai propri pulcini affamati nel buco di un edificio o di un albero cavo.

Mentre i nidi di fango o di fango e paglia di balestrucci e rondini sono ben visibili, posti rispettivamente sotto un balcone o un cornicione, oppure all’interno di case o edifici abbandonati, stalle, fienili, quelli nascosti dai vari passeriformi tra i rami di un albero o nell’intrico di una siepe (proprio per sfuggire alle insidie dei predatori), si notano più difficilmente.

Per questo la raccomandazione è sempre quella di astenersi in questo periodo e per tutta l’estate (alcune specie fanno anche due covate in una stagione) da tagli o potature che possono distruggere il nido, provocando la morte degli embrioni nelle uova , anche in seguito all’abbandono dei genitori causato dalle operazioni di sfoltimento, o quella dei pulcini già nati e nella fase dello svezzamento.

Lo stesso dicasi per eventuali ristrutturazioni o manutenzione di pareti esterne degli edifici o di tetti delle abitazioni o dei palazzi, rinviando eventualmente i lavori programmati alla fine dell’estate, quando ormai i piccoli nati nei mesi precedenti saranno già in grado di volare e di vivere in maniera indipendente.

Non a caso la legge n.157 del 1992, (quella sulla tutela della fauna selvatica e la disciplina dell’esercizio venatorio) all’articolo 21, comma 1, lettera o), vieta espressamente a chiunque di “distruggere o danneggiare deliberatamente nidi e uova, nonché disturbare deliberatamente le specie protette di uccelli”.

Un divieto, ahimè, spesso ignorato non solo da troppi privati, ma addirittura dalle stesse amministrazioni pubbliche che autorizzano tagli di alberi e potature con troppa disinvoltura, in un periodo in cui l’attenzione per i nostri amici alati dovrebbe essere, al contrario, massima.

Ma per amarli e proteggerli, non ci sarebbe bisogno delle leggi, se solo si tenessero a mente le parole del Leopardi nelle sue “Operette morali”: “Sono gli uccelli le più liete creature del mondo”.
Come dargli torto?

Pino Paolillo
WWF Vibo Valentia/Vallata dello Stilaro