Vi ricordate gli sbarchi di Ulisse come se piovesse? Spuntarono come funghi Amendolara, Catanzaro Lido, Crotone, Lametino vario, Nardodipace, Scilla, Squillace, Tiriolo… e scusate se ne scordo qualcuno. Ovviamente, ogni scopritore di Ulisse si vantava di essere l’unico, e che il suo Ulisse fosse quello autentico, con tanto di certificato di nascita a Itaca; e invece si contano almeno 150 sbarchi nel Mediterraneo; e, non scherzo, anche in Inghilterra, America, Indonesia…
E tutti, ma proprio tutti, con l’Odissea in mano, dall’alto di qualche studio liceale di greco giusto per l’interrogazione; e che, data l’età, confondono l’aoristo con l’arrosto e l’Ariosto. Poi gli sbarcatori si sono stancati, e da qualche annetto di Ulisse non si parla più. Il ramingo eroe può tornarsene a casa.
Oggi in Calabria esplode la reitalomania; e tutti i grecisti della domenica e latinisti della pennichella hanno scoperto l’acqua calda e l’uovo sodo, e dico una cosa notissima da almeno DUEMILA E CINQUECENTO ANNI, ma che essi, i latinisti e grecisti dilettanti, scoprono ieri: che la nostra terra (la chiamano Calabria, ma Calabria si chiamerà solo nel IX-X secolo dopo Cristo: essi lo ignorano!) diede i natali a re Italo, il quale creò uno Stato con i metodi di ogni creatore di Stati: “con la politica e con la violenza”; istituì i sissizi, un’usanza nota a diversi popoli tra cui gli Spartani, e che non erano la mensa dei poveri, ma un rito religioso e politico della corte. Tanto meno Italo era vegetariano, e non sta scritto da nessunissima parte che rinunciasse alle soppressate.
Come si fa a sapere queste e altre cose? Ma leggendo Tucidide, Aristotele, Dionigi, Apollodoro, Plinio e vari altri autori greci e latini, possibilmente in greco e in latino, nel testo. Ripeto che non c’è niente da scoprire: la parola Italia si trova in Sofocle, e Tucidide, il vincitore di Salamina, chiamò una figlia Sibari e l’altra Italia.
Diodoro, per distinguere dai Greci di Sicilia quelli di “Calabria”, chiama quelli Sicelioti (Σικελιῶται) e questi Italioti ( Ἰταλιῶται). Una curiosità: il suffisso της indica appartenenza, ed è presente nel nostro dialetto: Petrizzoti, Satranoti…
Ragazzi, sono cose note “lippis et tonsoribus”, canta Orazio, e figuratevi a chiunque abbia studiato sul serio. E invece gli “illustri studiosi” fanno come i gattini maschi quando scoprono le gatte, e scappano di casa per amore. Bella cosa, l’amore, ma di solito è cieco.
Qui dovremmo dissertare se Italo prese nome dal popolo (eroe eponimo), o il popolo da Italo: stesso discorso per Roma e per la Columbia, l’America eccetera. In storia e nella geografia, i nomi non sono conseguenza delle cose, ma spesso puro caso.
Un esempione? Tutto il mondo chiama Greci i Greci, tranne i Greci, che nel Medioevo si chiamavano Romani e Romei ( Ῥωμαῖοι), cioè sudditi dell’Impero; divenuti, nel 1830, indipendenti dai Turchi, i Greci recuperarono un nome dimenticato da molti secoli: Ἕλληνες, che leggono Hellines. I Greci, infatti, pronunziano il greco classico come fosse greco moderno, e sicuramente si sbagliano. Forse sbagliamo un poco anche noi leggendo come si usa a scuola, ma almeno ci capiamo.
Qui si apre, e si chiude, la questione degli Italici, cui solo accenniamo: dopo l’ultima guerra, quella del 91-88 aC, Roma e gli Italici fecero pace e si fusero, e assunsero il nome d’Italia. Lo troviamo in tutta la poesia classica: “Italiam venit”, canta Virgilio di Enea. Con Augusto, il nome viene esteso alle Alpi.
Nel Medioevo Italia e Italiani dovettero combattere con il diffuso Lombardi, che significava Longobardi; e ancora ci sono a Parigi una rue des Lombards e a Londra una Lombard street. Vinse Italia con la penna di Dante: “di quell’umile Italia fia salute”.
Mi fermo qui. Provate a studiare, ragazzi.
Ulderico Nisticò