In fuga dal Sud, via 1,6 milioni di giovani in 25 anni


Dal 1995 ad oggi l’Italia in totale ha perso 1,6 milioni di giovani: da poco più di 11 milioni a meno di 9,5 milioni, ma questo calo è dovuto soprattutto ai giovani meridionali. In realtà mentre nelle altre zone il valore assoluto ed anche la quota di giovani rispetto alla popolazione di qualsiasi età rimangono più o meno stabili, nel Meridione si annota un calo: rispetto al 1995, mancano nel Mezzogiorno oltre 1,6 milioni di giovani.

È quello che risulta dall’indagine di Confcommercio su economia ed occupazione nel Mezzogiorno. Dall’indagine è chiara anche la diminuzione tra il 1995 e il 2020 del peso percentuale della ricchezza generata dal Mezzogiorno sul totale dell’Italia passata dal 24% al 22%. Il Pil pro capite è sempre restato intorno alla metà di quello del Nord e nel 2020 corrisponde a 18.200 euro contro 34.300 euro nel Nord-Ovest e 32.900 euro nel Nord-Est. Nello stesso lasso di tempo il Mezzogiorno ha avuto un incremento dell’occupazione quattro volte inferiore alla media nazionale (4,1% contro il 16,4%).

Secondo il Movimento politico, culturale e d’opinione “Italia Plurale” le risorse del Pnrr destinate al Sud, circa 82 miliardi, consentiranno di migliorare e potenziare le infrastrutture di quest’area: infatti migliori infrastrutture sono sinonimi di una migliore proposta turistica che è tra le meravigliose ricchezze del Sud.
Il Movimento politico, culturale e d’opinione “Italia Plurale” auspica che sempre più giovani restino al Sud per farsi che l’intera economia non solo di questa area possa crescere e svilupparsi ma quella di tutta l’Italia. Infatti più occupazione, più lavoro – soprattutto più qualificato – e più manodopera consentiranno al Meridione di poter uscire da quella “stagnazione” di sottosviluppo e di precariato permettendogli di poter progredire sia economicamente che culturalmente, eliminando quelle sacche di povertà e di sottocultura presenti ancor oggi nel Mezzogiorno.

Il Movimento politico, culturale e d’opinione “Italia Plurale” ritiene che nel Mezzogiorno il Pil pro capite sia ancora in uno stato di enorme inferiorità rispetto a quello del Nord e che vi è necessità di cambiare rotta nel più breve tempo possibile per il bene non solo delle aree del Sud Italia ma dell’intero Paese. Ciò è quanto dovrebbero capire e concepire i politici, che si ricordano del Sud solo in prossimità delle campagne elettorali, dimenticandosi poi della terribile situazione socio – economica di quest’area. La “questione meridionale” ahinoi ancora esiste e persiste e dagli inizi dell’800 si è fatto ben poco per risolverli, tanto che potremmo senza troppa enfasi dire che non molto è cambiato in diverse zone del Sud Italia, soprattutto per i giovani.