Incidenti, politica e silenzio stampa


Carta carbone per veline

 Brutta cosa, la memoria, chi ce l’ha. Così accade che io, quando leggo, il giorno X del mese Y, che c’è stato un incidente stradale, a volte mortale, poi mi accorgo che il giorno X + dieci del mese Y più due o tre, non ho più letto o visto in tv alcuna notizia: non si sa più nulla delle dinamiche, e tanto meno dei colpevoli; anzi, sull’argomento cala il più accurato silenzio stampa. E invece i lettori e telespettatori vorrebbero sapere com’è andata; e se c’è un colpevole. Un colpevole in carne e ossa, non la solita “strada della morte”; giacché la strada è quella che è, ma se uno sorpassa – come vi narravo – in galleria, la colpa è sua e non della strada. Vorremmo anche sapere nome e cognome del mascalzone.

 Non mi è chiaro perché tv e stampa tacciano, però che tacciano è un fatto.

 Lo stesso per le notizie politiche ed economiche. Per esempio, gli sbarchi di clandestini della Lamorgese con Salvini distratto, e già, vengono sempre di più appena sussurrati; solo RAI Calabria ne parla ancora con commozione e con la favoletta dei “minori non accompagnati” tutti diciassettenni e undici mesi, ma si sa che la Calabria è sempre arretrata, e si vede che a Cosenza non è arrivata anche a Cosenza la velina del silenzio stampa.

 Spiegazione: prima di uno scherzo televisivo per cui oggi velina significa bella e discinta fanciulla, le veline erano, in epoca fascista, i fogli di carta ottenuti con la carta carbone (preistoria!), con cui il regime ordinava ai giornali cosa dire e cosa non dire e come dire. Celeberrima restò una velina così concepita: “Poco papa”.

 Oggi non ci sono veline nel senso di fogli di carta; e nemmeno veline elettroniche: oggi c’è il passaparola. Non è lo stesso: quello era un regime esplicitamente tale, con tanto di leggi sulla Gazzetta Ufficiale, e chi si opponeva sapeva esplicitamente cosa rischiava; oggi siamo in democrazia, e non c’è la censura; non c’è nessuna legge che obblighi a parlare bene di Questo o male di Quell’altro. Oggi c’è l’autocensura furbetta, il che mi pare molto peggio.

 E facciamo un esempio illustre. Se padre Dante avesse obbedito alle veline, e fosse stato politicamente corretto, invece di riempire l’Inferno di imperatori e re e papi e conti cannibali morti, e Bonifazio VII e Guido Cavalcanti in prospettiva, eccetera, la Commedia sarebbe risultata come una pasta aglio olio peperoncino dietetica, quindi senza peperoncino e aglio, e con pochissimo olio, e anche con poca pasta; una roba inodore, incolore, insapore come l’acqua distillata, per malati di stomaco. Fortuna che l’Alighieri se ne fregava, e ce lo spiega benissimo nel XVII del Paradiso. Leggetelo.

Ulderico Nisticò