Lezioncina di matematica: ognuno di noi ha due genitori, che hanno due genitori a testa… per farla breve, si tratta di una progressione geometrica che, al X secolo d.C., fa sì che ognuno di noi enumeri un miliardo di antenati, un miliardo a testa moltiplicato per sette miliardi di attualmente vivi. Nel X secolo c’erano sì e no due o trecento milioni di persone in tutto il mondo, forse: dividete l’enorme numero per quanti c’erano, e vedrete da quanti infiniti incroci discenda ognuno di noi. Detto questo per evitare che qualcuno se ne esca con “razzista” e roba del genere, v’informo altresì che la Calabria in particolare fu sempre terra d’immigrazione, e solo verso i primi del XX secolo del contrario. Qua arrivò di tutto dai tempi più antichi, donde gli innumerevoli cognomi che, in qualche modo, attestano origine forestiera, a cominciare dal mio che è greco; eccetera per Romeo, Catalano, Albanese, Greco, Morabito, Neri, Sgro, Marrapodi, Gualtieri, eccetera: tutte le stirpi d’Europa. D’Europa? Ma quanti arabi, che poi significava solo musulmani e non il popolo; e lo stesso per turchi; e ci sono fondati sospetti su Corea.
E come fu che, a parte gli Albanesi che hanno mantenuto volutamente l’identità (alcuni, non tutti: fidatevi), i Corea, i Turco, i Baldari, tutti questi signori dai cognomi più lontani e stranieri parlano tutti calabrese e italiano, e, almeno prima, andavano tutti a sentire la stessa Messa, e a scuola studiavano tutti lo stesso latino e la stessa matematica? Ma per effetto dell’assimilazione.
Cos’è l’assimilazione? Presto detto con un esempio. Dopo la vittoriosa battaglia di Lepanto del 1571, i cristiani portarono anche in Calabria numerosi prigionieri di guerra “turchi”, che potevano essere slavi come etiopici come arabi come berberi eccetera; e li misero a lavorare da qualche parte. Salvo qualche sparuto eroico guerriero, i più erano dei poveracci che, tutto sommato, si trovavano molto meglio a blandamente zappare in Calabria che al remo sopra una nave ottomana. Un paio d’anni dopo, il parroco li convertiva (non discuto del vichiano “foro interno del quale nessun legislatore giammai s’impicciò”), e, adeguatamente battezzati e partecipi delle Sacre funzioni, attiravano l’attenzione di qualche prosperosa fanciulla, impalmando la quale diventavano padri di bimbi o un pochino neri o un pochino biondi secondo mendeliane trasmissioni di geni; i quali figli a loro volta e a tempo si sposavano con chi capitava, facendo perdere quasi del tutto anche i caratteri paterni.
Dopo secoli, se uno guarda con attenzione, magari scopre qualche vago tratto somatico che potrebbe anche richiamare l’antenato anatolico o russo o mongolo; ma sarebbe una mera curiosità che non importerebbe a nessuno. Salvo a non credere a spiegazioni metafisiche, affascinanti ma improbabili, è un po’ difficile che io sia diventato grecista perché mi chiamo Nisticò; altrimenti quelli che si chiamano Tedesco dovrebbero essere tutti laureati nella lingua di Goethe. Io ho studiato greco dai Salesiani, congregazione piemontese, e con un professore di Brindisi; e sugli stessi libri del resto d’Italia dove si chiamano Brambilla o Porcu o Lamanna.
Ecco cos’è l’assimilazione; è quando Obama, che è un’antologia di tutte le razze comprese le Hawaii, è il presidente degli Stati Uniti e fa le stesse guerre dell’anglosassone Bush.
Solo che oggi l’Occidente non mostra la benché minima capacità di assimilare gli altri, non avendo esso stesso alcuna identità. Sarei curioso di sapere quanti musulmani o buddisti o atei sono stati convertiti tra un piatto e l’altro della Caritas; e figuratevi quanti hanno appreso il pensiero di Tommaso Campanella o i sottili rapporti tra Dante e Gioacchino da Fiore.
Quanto poi sento parlare di integrazione, resto molto preoccupato, e non vorrei che s’intendesse che i forestieri eventualmente arrivati debbano restare tali e trasferire qua usi e costumi e religione eccetera, e magari debba diventare un poco forestiero anch’io per non disturbarli. D’altro canto non mi pare che tra gli arrivati ci siano molti Averroè o Avicenna o Idrisi che, integrati e rimanendo quello che erano quelli, possano insegnarmi la filosofia di Aristotele o la geografia del mondo.
Ulderico Nisticò