Internet: le PMI italiane non investono in tecnologie avanzate


In passato l’Italia mostrava un netto ritardo rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda l’accesso e l’utilizzo di internet. Oggi le cose sono abbastanza cambiate, nel senso che si è avuta una rapida diffusione sia delle connessioni a banda larga, sia dell’utilizzo di internet e di alcune specifiche tecnologie e possibilità che esso offre. Il tessuto economico italiano mostra comunque una realtà variegata, con un ampio divario soprattutto tra grandi imprese e PMI. Sono soprattutto queste ultime ad aver mantenuto un certo ritardo, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo dell’AI e nello sviluppo degli e-commerce.

Come si sta muovendo l’Italia
In effetti uno tra i progetti annunciati dal Governo, da questo ma anche dal precedente, come di primaria importanza, riguarda proprio la digitalizzazione del nostro Paese. I governi però si possono occupare esclusivamente della pubblica amministrazione e della fornitura delle infrastrutture necessarie a sostenere nei fatti un’economia digitale e l’utilizzo più diffuso delle tecnologie connesse all’uso di internet. Il passo più importante sta alle singole imprese, che in futuro con buona probabilità potranno però usufruire di sostanziosi finanziamenti. Volti sia ad implementare le connessioni alla rete, sia a diffondere un maggiore utilizzo di tutte le opportunità che internet ci offre oggi e ci offrirà nei prossimi anni.

Quante aziende hanno un sito internet
Secondo l’ISTAT quasi il 90% delle imprese italiane possiede un sito internet. Avere delle pagine web però non significa necessariamente che si tratti di prodotti di qualità, o che siano effettivamente utilizzate come strumenti utili a mettersi in contatto con la clientela o a fornire essa delle informazioni. Si sono però verificati degli importanti passi avanti. Ad esempio nel 2019 solo il 33, 9% delle imprese utilizzava il web per dare informazioni alla clientela sui prodotti offerti; nel 2020 questa percentuale è salita al 55,5%. La realtà è poi decisamente molto variegata, in quanto sono soprattutto le piccole e medie imprese ad essere carenti per quanto riguarda l’utilizzo reale di internet, come strumento utile per la gestione aziendale e la promozione dei prodotti e dei servizi offerti al pubblico. Purtroppo sono infatti ancora molte le realtà che non conoscono le principali strade da percorrere per poter avere a disposizione siti internet di qualità, che rispondano effettivamente alle esigenze odierne. Eppure sono disponibili web agency che sono in grado di realizzare siti di qualità e consigliare le aziende sulle varie strategie di marketing da intraprendere. Anche in Calabria sono presenti queste realtà, come Webjet azienda specializzata nella creazione di siti web, SEO ed Ecommerce a Vibo Valentia.

A cosa serve un sito internet di qualità
Cerchiamo quindi di spiegare brevemente, per quanto possibile, a cosa serve un sito internet di qualità. Il primo motivo per cui oggi un’azienda dovrebbe avere un sito internet riguarda la possibilità che i potenziali clienti siano in grado di trovare l’azienda stessa. Chiaramente per tale scopo serve un sito internet progettato e realizzato da professionisti del settore, che sono in grado di produrre pagine e contenuti in grado di rispondere in modo corretto alle esigenze dei motori di ricerca. Tale ottimizzazione si fa sia in senso lato, soprattutto per quanto riguarda l’architettura delle pagine, sia cercando di produrre contenuti specificatamente costruiti per le esigenze di potenziali clienti. Si tratta quindi di un lavoro organico, che si fa partendo dall’individuazione di specifiche parole chiave. Le pagine web sono poi utili per offrire all’azienda una certa autorevolezza, oggi infatti sono moltissimi coloro che, prima di acquistare un bene o un servizio, cercano online informazioni sul singolo brand o sul venditore.

Gli e-commerce in Italia
Nel nostro Paese siamo in forte ritardo anche quando si tratta di vendite online. Considerando anche solo 5-7 anni da l’Italia era tra i Paesi europei quello con il minor numero di negozi online, a fronte di un potenziale paniere di clienti decisamente molto ampio. A partire dal 2015/2016 si sono visti però già i primi miglioramenti di questo settore, con crescite annuali del fatturato nell’ordine di oltre il 15%. Nel 2020 le cose sono fortemente cambiate sotto questo punto di vista, sia per quanto riguarda il numero di persone che in Italia ha utilizzato regolarmente gli e-commerce, sia per le tipologie di negozi che oggi usano la rete per offrire prodotti e servizi. Nel 2020 il fatturato delle vendite online in senso generico è comunque diminuito di un 2/3%; si deve però considerare che durante il periodo della pandemia i settori che negli anni precedenti avevano maggiormente sfruttato internet per le vendite hanno subito una importante battuta d’arresto. Turismo e cultura infatti sono tra i settori in cui i lock down hanno costretto a chiusure particolarmente prolungate. Infatti se osserviamo il fatturato della rete solo per quanto riguarda la vendita di beni fisici, allora notiamo un aumento superiore al 30%, con oltre il 40% della aziende online che vendono quasi esclusivamente attraverso contatti tramite mobile.

La pandemia e l’uso di internet in Italia
Ma la pandemia da coronavirus ha modificato le carte in tavola anche per quanto riguarda altri elementi che indicano l’utilizzo della rete da parte della popolazione. Ad esempio sono aumentati i negozi di generi alimentari e di prodotti di largo consumo che vendono direttamente online. Dal grande supermercato per arrivare sino al piccolo negozio di quartiere. Chiaramente il servizio offerto differisce a seconda del tipo di negozio che lo propone, ma oggi sono anche numerosi brand e produttori che vendono direttamente tramite internet i bene offerti al pubblico, senza intermediari. Lo fanno i grandi marchi, la lo fanno anche le aziende agricole o i piccoli negozi. Allo stesso modo una buona fetta di imprese italiane, stiamo parlando di cifre che superano tranquillamente il 50%, usa quotidianamente servizi in cloud. Nel 2018 la percentuale si attestava intorno al 20%, quindi la cifra è sostanzialmente raddoppiata nel corso di 2 anni. Resta da vedere se tutte queste nuove modalità di utilizzo della rete, stimolate sicuramente dalla pandemia e dai lock down, oltre che dall’impossibilità o difficoltà di incontrarsi faccia a faccia, continueranno anche nel post pandemia.