La Calabria incendia Telesio, e un’idea nel vuoto


 Il metodo analitico è di chi cerca scuse; un genuino reazionario, quale io mi onoro di essere, usa il metodo sintetico, e conclude che la Calabria ha incendiato, assieme a degli sventurati, Telesio.

 Avviene a Cosenza. Tre poveracci abitavano, pare abusivamente, e in condizioni di estremo degrado in un vecchio palazzo anch’esso in degrado nel centro storico in degrado. Di tutto questo degrado fisico e morale non si è mai seriamente occupato nessuno, anzi se ne accorgono tutti solo di fronte ai morti e ai danni, oggi che un incendio ha bruciato il palazzo e ucciso le tre persone. Ora sarà “aperto un fascicolo”, e, tra un numero incalcolabile di anni, si troverà un colpevole nel frattempo morto per altre cause. Io non faccio il giudice, perciò non ho niente da dire sull’argomento specifico.

 Nel rogo, sono andati perduti oggetti d’arte e testi di Bernardino Telesio (Cosenza, 1509-88), uno dei padri, forse il padre della filosofia moderna europea; e che la Calabria, detto in generale, quasi ignora. Nel 2009, correndo l’anniversario della nascita, venne tenuto a Cosenza uno spettacolone musicale costato un pacco di soldi e rappresentato, mi pare, in edizione unica: e fu tutto quello la Calabria fece per Telesio. Cosa c’entrasse la musica con Telesio, resta un mistero della vita umana.

 Il dotto cosentino, per dirla in breve, affermò la filosofia naturale contro il metodo deduttivo aristotelico, e la sua opera De rerum natura iuxta propria principia inizia il naturalismo, ispirando tutti i seguenti filosofi. Mica poco, eh!

 Ebbene, il testo di Telesio era a fare la muffa e mangiato dai topi nel palazzo degradato del centro storico fatiscente; dal 19 agosto 2017, invece, è un mucchietto di cenere.

 Di questo documento così fondamentale per tutta Europa, se ne sono rotondamente fregati, negli anni, i seguenti enti inutili:

  • Lo Stato italiano, attraverso le sovrintendenze eccetera;
  • Idem, attraverso prefetti, giudici eccetera;
  • La Provincia di Cosenza;
  • Il Comune di Cosenza;
  • L’Università della Calabria, con particolare riguardo alla Facoltà di lettere e filosofia;
  • La cultura calabrese e quella cosentina, tipo accademie, scuole, associazioni eccetera…

 C’erano anche opere di Aulo Giano Parrasio, ma dispero si sappia chi fosse. Ora a Cosenza gridano al pericolo, e lanciano appelli a chi possieda opere antiche. Ovvero, a Santa Chiara fecero porte di ferro dopo, e non prima del furto!

 Non scordiamo che il sindaco di Cosenza ha avuto la buffa idea di nominare proprio assessore al centro storico tale Vittorio Sgarbi; il quale si è rivelato quello che è, tranne che in storia dell’arte, ogni volta che si picca di politica e cose del genere: un fallimento, e buono solo per ottenere titoli su giornali di bocca buona. A Soverato, fallito come attore.

 Insomma, se la Calabria è l’ultima d’Europa, ci sarà pure un motivo. E Cosenza non scherza.

 Il pensiero va a quanti libri antichi e documenti e archivi sono malamente non dico custoditi ma ammucchiati in ex palazzi nobiliari di nobili spedalati, e comunque esposti a qualsiasi incidente e intemperie. Ora non posso non ricordare quante volte anni fa io, nel mio piccolo, proposi sui giornali e in convegni alla Regione – rideteeeeeeeee: la Regione! – un lavoro semplice semplice: digitalizzare libri e archivi, come fanno in tutti i buchi del mondo, da Tokyo ai villaggi dei cannibali. Dovunque, tranne che in Calabria.

 Mi dissero che era una bella idea, poi se ne sono fregati. La classe dirigente calabrese, detto in generale, è composta da squisitissimi ignoranti con laurea; e ciò sia detto per ogni genere di laurea e per ogni qualsiasi partito e partitucolo.

 E già, in Calabria c’è una sola cultura, quella antimafia segue cena: e che cene! Secondo voi, se ne possono fregare di Telesio che non rende denari?

Ulderico Nisticò


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