La Calabria ultima degli ultimi


calabria1Se è vero, e lo spero, che il Sud beneficia di un modestissimo momento di ripresa, le stesse statistiche c’informano che la Calabria resta quella che è, l’ultima; e non migliora neanche un po’; e quella sola fioca luce che pareva apparisse, il porto di Gioia Tauro, viene abbandonato dai clienti.
Del resto, come farebbe, la Calabria, a campare? Per campare (vivere, è troppo!) servono risorse: agricoltura, allevamento, industria, artigianato, commercio, trasporti, navigazione, servizi, turismo… E di tutto ciò, cosa rimane, in Calabria?
Turismo? Balneazione di pochi giorni, e, in genere, dequalificata; assenza quasi assoluta di turismo culturale, religioso, di salute, termale etc.
Trasporti? Una rete stradale lunghissima, la più lunga d’Italia, ma di pessima qualità; treni di quel dì; aeroporti a costi alti; porti, quasi nulla.
Industria? Rare eccezioni nel nulla. Artigianato? Un ricordo.
Agricoltura? Vastissime aree in abbandono.
E di che campano, allora, i Calabresi? Di stipendi, anzi, oggi soprattutto di pensioni; e integrazione con un poco di sommerso e in nero. Diciamo anche di assistenza!
Ciliegia guasta su questa torta marcia, la pessima gestione del pubblico: Regione con pletora di impiegati in gran parte inetti; cinque Province che nessuno osa chiudere; l’assurdo numero di 409 Comuni, due terzi dei quali quasi spopolati; 42 ospedali, in costanza di emigrazione sanitaria per ogni problema serio. Il tutto, ad altissimi costi parassitari. Pessima classe dirigente; intellettuali piagnoni e furbetti, spesso antimafia segue cena.
Che ci vorrebbe, per resuscitare il calabro cadavere? Semplice: la fine di ogni assistenzialismo diretto e indiretto, e rimandare i Calabresi al lavoro nel senso di produzione di qualcosa di tangibile e che consenta di vivere.
Per il momento, la Calabria è, anche a Sud, l’ultima degli ultimi.

Ulderico Nisticò


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