La cultura cattolica e la questione sociale


san Tommaso d'Aquino

San Tommaso d’Aquino

L’industrializzazione moderna nasce tra la fine del XVII e il XIX secolo, in ambiente culturale protestante. La mentalità luterana applicò al mondo dell’economia e al liberalismo il concetto di predestinazione: come si sono i predestinati al Paradiso o all’Inferno (niente Purgatorio!), così nella vita terrena ci sono i protetti da Dio che, lavorando e seguendo una rigorosa etica (etica, non morale!), si arricchiscono e producono beni; altri sono abbandonati a un destino di emarginazione. Leggete il Weber; o “La favola delle api” del Mandeville.

La Gran Bretagna protestante fu all’inizio dell’industria, utilizzando la scienza al servizio della tecnica. La Francia, per poter fare la sua rivoluzione industriale fece la rivoluzione politica del 1789, dovette abolire o sottomettere le istituzioni tradizionali cattoliche: nel 1791 la legge Fabre sciolse le Corporazioni, e consentì la madre di tutte le ingiustizie: la contrattazione individuale e la cancellazione di ogni tutela dei lavoratori. Leggete i romanzi francesi ambientati nell’Ottocento, e inorridirete.

Nacquero così le ideologie socialiste, animate dalla santa intenzione di aiutare i lavoratori, ma, detto in generale, fallimentari e confusionarie, e, come direbbe Marx, utopistiche. Il pragmatismo inglese cominciò a proporre una sorta di contrattazione collettiva con le trade unions, e con una politica di acquisizione del consenso anche da parte dei ceti operai: in poche parole, istituzionalizzando e moderando la conflittualità.

In mezzo a tutto questo, tacque per decenni la Chiesa, e con essa non comparve una cultura cattolica. Lo stesso Manzoni, che mostra attenzione per “gente meccanica” (i due operai Renzo e Lucia) e simpatie per un liberalismo cattolico, non venne ben visto, a causa delle sue posizioni politica avverse al potere temporale della Santa Sede. Le tesi, o piuttosto sensazioni del modernismo vennero opportunamente condannate.

Rinasceva intanto la tradizione teologica e filosofica detta con esattezza neotomismo, che guarda alla Summa di san Tommaso d’Aquino (1224/6-74), la quale affronta anche i temi della nascente società borghese commerciale e in un certo senso industriale del Medioevo. Afferma che ogni cosa e ogni lavoro devono avere “iustum pretium”, due parole in cui si contiene sì il concetto di giustizia e giustezza, ma anche, in modo pregnante, il senso del dovere: ogni cosa deve costare impegno e fatica.

Condanna l’accumulo passivo di denaro: “usus pecuniae est in emissione”, il denaro esiste quando vien impiegato e speso; e perciò condanna l’usura: “pecunia non parit pecuniam”, il denaro non deve produrre denaro ma è un mezzo di intermediazione delle merci e del lavoro.

In questo clima nasce l’enciclica “Rerum novarum”, emanata la papa Leone XIII il 15 maggio 1891. Era tardi rispetto ad altre tesi, ma bastò a creare una nuova cultura cattolica: moderna e non modernista, sociale e non socialista, libera e non liberale, attenta ai diritti ma solo nell’ambito della comunità e dei corpi intermedi. Socialismo e liberalismo vengono condannati in quanto opinioni materialistiche; mentre l’Enciclica afferma, senza alcun tentennamento, i principi della religione, che sono metafisici, sebbene abbiano applicazione anche su questa Terra.

Secondo il mio modestissimo parere, la Dottrina di Leone XIII non è stata ancora sviluppata come sarebbe necessario e utile; né m’interessano le vicende di partiti più o meno sedicenti cattolici. Chissà se Leone XIV…

Ulderico Nisticò