Quando ero sessantottino, e come tale diciottenne, e il primo obiettivo era la fine della NATO, i miei contubernali ed io speravamo che ciò avvenisse in qualche modo traumatico ed epico. Prima di andare avanti, cercatevi contubernalis in latino, e cercate di tradurlo alla lettera. Io non lo faccio perché qualche scemo del villaggio potrebbe causarmi un guaio.
Questi erano i sogni giovanili. Ora che, per età, sono ai sogni senili, la faccenda non è più un sogno, anzi appare realtà, però non in modo epico e traumatico, ma per inavvertita dissoluzione. Posso elencarvi molti esempi storici, e ne scelgo due. La caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) avvenne sì, ma senza alcun atto ufficiale, anzi Carlo Magno nell’anno 800, si proclamò imperatore; i suoi successori videro ridursi sempre di più l’effettivo dominio, e il titolo si ridusse a onorifico, eppure l’ultimo erede, Francesco II, lo depose formalmente solo nel 1806: fatevi due conti. Gli imperatori Moghul dell’India erano veneratissimi, però dal XVIII secolo erano quasi solo i sindaci di Delhi, finché nel 1876 non ne prese il posto la regina Vittoria di Gran Bretagna.
Non è necessario dunque che un sistema politico si sciolga con un atto notarile o il trattato di un congresso; e spesso il sistema può sopravvivere sulla carta e non esistere di fatto.
Secondo Trump, gli alleati della NATO devono impegnarsi a destinare ad armati e armamenti il 5% dei bilanci di ciascuno. Aggiungo io, e sottintende lui, che non bastano armamenti e armati, bensì occorrerà un radicale cambio di mentalità… e spero lo capiate da soli. Ebbene, se uno Stato europeo, poniamo l’Italia, dovrà spendere tutti quei soldi, e organizzarsi eccetera, sarà nella natura delle cose che muti atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti, volendo, o piuttosto dovendo pretendere di avere voce in capitolo, e partecipare alle decisioni militari, quindi a quelle politiche.
E qui ci scappa il paragone storico, e siccome oggi, 9 e domani scolastico 10, sarebbe (se qualcuno se ne accorgesse!) LA GIORNATA DELLA LINGUA GRECA, ve lo spiego in breve. Dopo la grande vittoria del 480-79, e mentre Sparta si ritirava a casa, Atene iniziò il contrattacco, conquistando… e già, Atene era democratica, quindi si dice… “liberando” tantissime piccole città greche dell’Egeo e del Mar Nero. I loro abitanti erano del tutto disabituati alla guerra, e Atene fece loro la proposta di creare una συμμαχία, parola derivata da σὺν (con, assieme) e μάχη (combattimento): una simmachia sarebbe dunque combattere assieme, ma gli alleati non combattevano, contentandosi di pagare denaro; gli Ateniesi, che la guerra la facevano volentieri, e la usavano come ammortizzatore sociale (leggete il mio libro), dilagarono dovunque, finché non buscarono legnate dai Siracusani nel 413 e da Sparta nel 402. Intanto la simmachia si era dissolta da sola. Per esempio, Reggio, dopo aver firmato un trattato dieci anni prima e fatta guerra con Atene a Locri, si era dichiarata neutrale già nel 415.
Chissà se vedremo la fine della NATO, senza bisogno di traumi, e anche senza bisogno di una carta scritta? Ah, ci vuole un altro esempio: il Commonwealth britannico, che ogni tanto si riunisce a Londra come se esistesse davvero, e intanto le ex colonie fanno ciascuna gli affari loro.
Ulderico Nisticò