C’è una gradazione, nei giudizi, anche in quelli degli opinionisti. I casi Siri e Arata, se provati, sono gravi; e vanno, se provati, severamente puniti. E la Lega, proprio perché sta crescendo in misura esponenziale, deve stare attentissima a chi imbarca, anzi a chi solamente avvicina.
Detto questo, sono in ballo faccende assai più gravi, e che stanno coinvolgendo la Giustizia italiana nel suo massimo livello giuridico, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM); e l’organizzazione privata ma potente che è l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Arrivo alla conclusione: se un domani io mi trovassi indagato o giudicato da Palamara, lo ricuserei immediatamente, sostenendo, con abbondanza di argomenti, che non è persona al di sopra di ogni sospetto, anzi è molto, molto al di sotto.
Attenzione: non sto dicendo – per ora – che Palamara sia colpevole di questo o quel reato; dico quello che pensano tantissimi italiani:
– che Palamara è sospetto di aver pilotato nomine;
– che Palamara s’incontrava con politicanti del PD;
– che Palamara s’incontrava non certo per parlare di calcio o di storia romana;
– che a Palamara e soci conveniva nominare Pinco invece di Pallino;
– che assieme a Palamara sono sospetti anche vari altri magistrati di altissimo livello in CSM e ANM;
– eccetera.
E aggiungiamo che moltissimi si chiedono come mai il presidente della Repubblica, che è presidente del CSM, prima abbia taciuto come una tomba, e sia andato per il mondo a parlare di scienza; e quando, il 12 giugno, ha fatto dire qualcosa, è stato solo che non sa nulla e non ha mai parlato con nessuno.
Ragazzi, è ovvio che sono alcuni casi, rispetto a circa seimila magistrati italiani, quasi tutti corretti; ma qui on stiamo parlando di professori di lettere più o meno bravi, di calciatori più o meno abili; ma di un potere, quello giudiziario, che non dove mai essere ammantato da alcuna ombra; e che, soprattutto, deve tenersi lontano dal potere esecutivo e da quello legislativo: mai sentito parlare di Montesquieu? E ciò vale per tutto l’Ordine giudiziario in quanto tale, e vale per ogni singolo magistrato. Né ha senso sostenere che il magistrato è un privato cittadino, quindi può partecipare, che so, a convegni di partito, giacché ciò viola il principio dell’indipendenza.
Esistono infatti sia la deontologia professionale, sia l’etica, sia la morale; e sono tre cose diverse dall’innocenza in senso penale. Se un giudice si candida con il partito X, deve uscire irreversibilmente dall’Ordine, o io, che sono del partito Y, lo riterrei inaffidabile; e, nel caso, lo ricuserei. Legittima suspicione, si dice, nel latino italianizzato dei codici.
Urge una riforma radicale della Giustizia.
Ulderico Nisticò